Pavia, preso il pirata che investì consigliera comunale: “Travolta perché lo vide rubare”

Secondo la polizia, Elena Madama aveva visto il moldavo 27enne prendere un satellitare da una macchina. E’ caccia al complice. La ragazza trascinata sull’asfalto con l’auto per 500 metri, a distanza di sei mesi è ancora ricoverata

L’avranno detto senz’altro anche ad Elena, andandola a trovare come ogni giorno all’Istituto Mondino dove è ricoverata da Natale per il lungo e delicato percorso di riabilitazione. Lino Madama e Idangela Vittadini, i suoi genitori, le avranno spiegato che la polizia, dopo sei mesi di indagini, ha arrestato l’uomo che il 12 novembre scorso era alla guida della Opel Insignia bianca che la travolse in Strada Nuova, nel centro storico di Pavia, trascinando il suo corpo per oltre 500 metri.

Da quel giorno Elena Madama, 26 anni, consigliera comunale e aspirante avvocato, vive in un letto di ospedale nella speranza di poter tornare a un’esistenza il più possibile normale. Ma ora avrà una ragione in più per farcela, con il conforto di una giustizia che finalmente si è compiuta. Il sorriso dei suoi due genitori è stato il commento più significativo alla notizia del fermo di Radion Suvac, 27enne moldavo, bloccato in un parco di Piacenza.

Pavia, investì consigliera comunale: la fuga in auto del pirata della strada

Condividi  “Abbiamo sempre avuto grande fiducia nel lavoro degli inquirenti”, ha sottolineato papà Lino. “Sin dall’inizio ci hanno detto che ci voleva tempo, ma ce l’avrebbero fatta. Così è stato”. E mamma Idangela ha aggiunto: “Vogliamo dire grazie a tutta Pavia. Chi sostiene che i pavesi sono persone fredde, evidentemente non li conosce. Abbiamo ricevuto tantissimi attestati di solidarietà anche dal resto d’Italia. Ringraziamo di cuore anche i medici del Mondino e quelli dell’ospedale Niguarda di Milano, dove Elena è stata ricoverata nelle prime settimane dopo l’investimento. Il suo recupero è lento, ma costante: l’importante è che le sue funzioni neurologiche siano rimaste intatte”.

Per il procuratore Gustavo Cioppa, che ha coordinato le indagini condotte dalla squadra mobile di Pavia in stretta collaborazione con lo Sco (Servizio centrale operativo) della polizia di Stato, “è la fine di un incubo, per la famiglia di Elena e per tutta la città. Elena ormai è una ragazza che fa parte della vita di ognuno di noi”.

Suvac, il 27enne moldavo fermato a Piacenza, è indagato per tentato omicidio, rapina impropria e ricettazione. Insieme a lui, sull’auto che ha investito Elena c’era un ragazzo russo di 18 anni, che è stato identificato ed è ricercato. Secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti (che hanno analizzato più di 500mila dati di traffico telefonico e numerose immagini delle telecamere posizionate in città), la sera del 12 novembre Elena uscì dall’ufficio dove era praticante legale e percorse a piedi alcuni metri in Strada Nuova sino all’incrocio con Piazza Guicciardi. Qui la giovane consigliera comunale notò la Opel Insignia bianca (rubata nel milanese) con due persone a bordo che avevano appena sottratto un navigatore satellitare da un’altra vettura.

Gli accertamenti condotti dagli investigatori hanno permesso di stabilire che alla guida della Opel Insigna c’era  Suvac e accanto a lui il ragazzo russo di 18 anni. Per la polizia, Suvac investì deliberatamente Elena Madama, prima in retromarcia e poi travolgendola e trascinando il suo corpo per oltre 500 metri durante la fuga. Arrivati quasi all’altezza del Ponte Coperto, i due scesero dall’auto (dalla quale si era sganciato il corpo di Elena) e fuggirono a piedi, raggiungendo la stazione ferroviaria per salire sul primo treno.

In questi mesi Suvac è stato in Moldavia, Russia, Francia e in altri Paesi europei: un movimento continuo non per fuggire agli inquirenti, ma legato al suo coinvolgimento nel traffico internazionale di navigatori satellitari e altri accessori di auto rubati (sull’auto che ha investito Elena Madama ne sono stati trovati una dozzina). Una volta rientrato in Italia, ha raggiunto Piacenza dove è stato identificato e arrestato dalla polizia.

06 maggio 2015

Fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2015/05/06/news/pavia_arrestati_i_pirati_che_investirono_una_26enne_e_trascinarono_sull_asfalto_per_500_metri-113651600/?ref=search

Madre e due bimbi sgozzati in casa. Marito confessa: invaghito di un’altra

Carlo Lissi, impiegato di trentuno anni, è crollato dopo un lungo interrogatorio. Le ultime parole della moglie, cercando di difendersi: «Perché mi fai questo?»

Ha sterminato la sua famiglia perché si era invaghito di un’altra donna. Ha confessato nella notte tra domenica e lunedì, Carlo Lissi, 31 anni, marito di Cristina Omes, 38, la donna trovata morta con i due figli (una bambina di 5 anni e mezzo e un maschio di 20 mesi) nella villa di famiglia a Motta Visconti (Milano). L’uomo si trova adesso in stato di fermo con l’accusa di triplice omicidio. «Voglio il massimo della pena» ha detto lo stesso Lissi, scoppiando in lacrime subito dopo aver confessato.

La confessione

A disporre il fermo sono stati i magistrati di Pavia, Gustavo Cioppa e Giovanni Benelli, dopo un lungo interrogatorio. Inizialmente Lissi aveva raccontato di avere trovato i cadaveri della moglie e dei figli rientrando in casa dopo la partita.

La moglie colpita alle spalle

Prima di uccidere la moglie, Lissi ha avuto con lei «un momento d’intimità sul divano», nel salotto adiacente all’ingresso, dove la coppia stava guardando insieme la televisione. Nel frattempo i figli dormivano, Giulia nella cameretta e Gabriele nel lettone matrimoniale. Una serata in apparenza normale, fino a quando il marito si è alzato in mutande, è andato in cucina e ha preso un coltello. Poi ha raggiunto la moglie, rivolta verso la tv, colpendola di spalle.
«Carlo Carlo perché mi fai questo?» sono state le ultime parole della donna, rivolte al marito-assassino, ha raccontato lo stesso Lissi. Cristina Omes ha anche cercato di reagire. E ha gridato «aiuto», ha testimoniato una vicina. Quindi Lissi l’ha colpita con un pugno, facendola finire a terra nell’androne dell’ingresso, e l’ha finita tagliandole la gola. Il corpo è rimasto lì per quattro ore, dissanguandosi.
Dopo aver accoltellato la moglie, Lissi è salito al piano di sopra, nella stanza della figlia Giulia: le ha stretto il collo con fermezza e l’ha colpita di netto alla gola, mentre la piccola dormiva. L’ultimo a morire è stato Gabriele, ucciso anche lui nel sonno. Intorno alle 11 di sabato sera, il triplice omicidio si era consumato. Lissi si è lavato, cambiato ed è andato a vedere la partita dell’Italia ai Mondiali al pub Zymè di Motta Visconti.

Le indagini

I carabinieri hanno cominciato a propendere per la pista familiare già nelle prime fasi dell’indagine. Il fatto stesso che nella strage non fosse stato risparmiato nemmeno il più piccolo dei due bambini, di appena 20 mesi, rendeva meno credibile la pista esterna, di una sanguinosa rapina, e il mancato ritrovamento dell’arma del delitto nelle immediate vicinanze dei cadaveri rendeva difficile lo scenario di un omicidio-suicidio.

Impiegato

Lissi è impiegato alla multinazionale Wolters Kluwer. «Abbiamo ricevuto tassative disposizioni di non dire nulla» ha detto l’impiegata al banco informazioni della società. «È ovvio che siamo rimasti tutti senza parole e sbalorditi» ha aggiunto un collega. La sede italiana della multinazionale olandese si trova nella periferia di Assago, in viale Milanofiori, tra centri direzionali, hotel e centri commerciali.

Redazione Milano Online

16 giugno 2014 | 07:13

Fonte: https://milano.corriere.it/14_giugno_16/madre-figli-uccisi-fermato-marito-accusato-triplice-omicidio-adbeb06e-f512-11e3-ac9a-521682d84f63.shtml

Corruzione, arrestato l’ex vicesindaco di Pavia Filippi

È stato il poliziotto che arrestò il numero uno delle Br, Mario Moretti. Avrebbe incassato circa 200 mila euro. Ai domiciliari anche l’imprenditore Ciro Manna

L’ex vicesindaco di Pavia Ettore Filippi, 71 anni, e l’imprenditore edile Ciro Manna, 38 anni, sono stati sottoposti agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione. Le ordinanze, emesse dal Gip di Pavia, sono state eseguite da personale dei Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Gli arresti sono il risultato della prosecuzione dell’indagine «Punta est», che già ha portato nel 2012 al sequestro di un cantiere di 9 mila metri quadrati del valore di circa 3 milioni di euro. I due sono accusati di corruzione. Ciro Manna anche di minacce aggravate e altri reati. Gli investigatori avrebbero raccolto gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Manna e dell’imprenditore Dario Maestri per atti intimidatori nei confronti dell’avvocato Francesco Maurici, che insieme ad altri personaggi pavese aveva denunciato pubblicamente le irregolarità di concessioni per casi come Punta Est. Per questo sulla portone dello studio del legale furono disegnate croci con vernice nera.

130 mila euro

Anche per l’imprenditore Dario Maestri, già arrestato nella prima fase dell’indagine, il magistrato Paolo Mazza della procura di Pavia guidata da Gustavo Cioppa aveva chiesto l’arresto , ma per l’età e le precarie condizioni di salute il gip non ha emesso provvedimenti a suo carico. Filippi avrebbe incassato oltre 130mila euro dal 2007 al 2013, di cui 60 mila quando faceva parte della giunta Capitelli (2007-2009)grazie alla sua influenza politica. La Finanza ha trovato false fatture per prestazioni pubblicitarie relative a società che facevano capo a Filippi.

Punta est

La lottizzazione di Punta est, un’operazione immobiliare da circa 3 milioni di euro, aveva portato all’arresto il 7 febbraio 2013 di Angelo Bugatti, ai tempi direttore del dipartimento di Ingegneria edile e del territorio dell’Università di Pavia e dell’imprenditore Dario Maestri (che aveva ottenuto da subito i domiciliari). Una trasformazione di un’area destinata a servizi universitari poi diventata, grazie ad una falsa convenzione con l’ateneo pavese firmata da Bugatti, disponibile alla vendita al libero mercato.

Ex poliziotto

Ettore Filippi, 71 anni, nativo di Lecce, è figura molto nota e influente nella politica pavese. Capo della squadra mobile di Pavia e poi della squadra volante di Milano, raggiunse la sua notorietà proprio nella sua esperienza nel capoluogo lombardo, dove grazie a un pentito, insieme agli uomini dell’antiterrorismo catturò il 4 aprile 1981 l’ex «primula rossa» delle Br, Mario Moretti che insieme a Enrico Fenzi si stava recando ad un appuntamento con un tossicodipendente informatore della polizia. Un episodio che gli fece far carriera: andò a Palermo con l’allora prefetto Dalla Chiesa. Fu poi accusato di favori al clan Epaminonda. Per questo finì in carcere a Peschiera del Garda nel 1983. Dalla vicenda uscì assolto definitivamente dopo una lunga battaglia nelle aule dei tribunali.

Dal centrosinistra al centrodestra

Dalla polizia alla politica è la storia dei suoi ultimi anni di carriera. Iniziò nell’allora Psi e diventò assessore della giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Albergati prima e poi successivamente anche vicesindaco e assessore al bilancio con primo cittadino Piera Capitelli (Pd). Nel 2009 le sue dimissioni, e quelle di un gruppo di consiglieri del Pd a lui fedeli, fecero cadere la giunta Capitelli. Ettore Filippi passò al centrodestra, avvicinandosi prima a Forza Italia, e poi con una lista civica «Rinnovare Pavia» sostenne l’elezione di Alessandro Cattaneo, attuale primo cittadino di Pavia e candidato alla rielezione alle prossime amministrative di maggio da parte dell’area di centro destra.

Enrico Venni

13 marzo 2014 | 06:58

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_marzo_13/corruzione-arrestato-l-ex-vicesindaco-pavia-filippi-5dc0e986-aa73-11e3-a415-5dc0e986-aa73-11e3-a415-108350ae7b5e.shtml?refresh_ce-cp

Violenze al parco su bimba di 9 anni, arrestato il fratellastro 32enne

Un agente della squadra mobile fuori servizio ha notato la scena mentre faceva jogging ed è intervenuto

E’ stato sorpreso nel parco della Vernavola a Pavia mentre stava costringendo la sorellina di 9 anni a un rapporto di sesso orale, ed è finito in manette con l’accusa di violenza sessuale aggravata su minore e atti osceni in luogo pubblico. G.E. 32anni italiano, è stato notato da un agente fuori servizio della squadra mobile di Pavia che stava facendo jogging nell’area verde alla periferia Nord della città.

LA SCOPERTA – In una zona piuttosto appartata del Parco l’adulto si trovava, a torso nudo e pantaloni calati, di fronte alla piccola, anche lei denudata, e stava cercando di costringerla all’atto sessuale. Vistosi scoperto il 32enne si è rivestito velocemente e con la piccola ha tentato di nascondersi all’interno a una boscaglia. Il poliziotto fuori servizio, però, li ha inseguiti e bloccati poco dopo. «Non sono uno di quelli!» (s’intende, «pedofili»), sono state le prime parole del 32enne, a ulteriore conferma di quanto era già ben chiaro. Nel frattempo sul posto sono arrivati i colleghi dell’agente.

FRATELLASTRO – Portato in Questura l’uomo è stato identificato, ed è stato allora che si è scoperto che era il fratellastro della sua vittima. I due, figli della stessa donna, vivevano nello stesso appartamento, con la madre e il nuovo compagno di lei. Proseguono gli accertamenti coordinati dal magistrato Ersilio Capone, e coordinate dal procuratore della Repubblica di Pavia Gustavo Cioppa, per capire se l’uomo possa aver compiuto altre violenze sessuali nei confronti della sorellastra. Alla bambina, visibilmente scossa dall’accaduto, è stato subito assicurato supporto psicologico. Intanto il 32enne è stato rinchiuso nel carcere pavese di Torre del Gallo.

Enrico Venni

19 luglio 2013 | 16:12

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_luglio_19/bambina-violentata-parco-pavia-2222241590542.shtml

Diciottenne ucciso nel Pavese, confessa il fidanzato della cugina

Il fermato è un 25enne con precedenti. La sua versione: «Mi hanno aggredito in tre, mi sono difeso»

MILANO – Ha confessato Angelo Siciliano, 25 anni, fermato con l’accusa di aver accoltellato a morte Gianluca Serpa, 18 anni, domenica sera a Chignolo Po (Pavia). Il giovane, che è fidanzato della cugina della vittima e ha precedenti penali, avrebbe raccontato di essersi difeso da un’aggressione. I magistrati di Pavia, Paolo Mazza e Gustavo Cioppa, avevano già disposto per Siciliano il fermo con l’accusa di omicidio. Secondo gli inquirenti il 25enne, operaio originario di Vaprio d’Adda, avrebbe accoltellato il 18enne al termine di una lite per questioni economiche.

FAMIGLIE IN GUERRA – Angelo Siciliano, davanti al pm Paolo Mazza, ha raccontato di essere stato aggredito da Gianluca, da suo padre e da suo fratello a Chignolo Po (Pavia), domenica sera. Da qualche tempo, ha riferito, c’era una rivalità tra la famiglia della vittima e quella dello zio, che avevano due ditte concorrenti di lavori edili, nate dallo scioglimento di una precedente società che avevano in comune. Siciliano, fidanzato con la figlia dello zio del ragazzo ucciso, era suo malgrado diventato oggetto di discussione tra i due nuclei familiari. Domenica sera ha ricevuto una telefonata da parte della fidanzata che gli diceva di andare a casa sua «perché c’era casino». Prevedendo discussioni animate, era uscito di casa con il coltello. Davanti a casa della ragazza aveva trovato Angelo, suo padre e il fratello. Poi la lite e le due coltellate a Gianluca, che è morto in ospedale.

In casa del giovane fermato è stato trovato il fodero del coltello, l’arma del delitto. Il grosso coltello, ricurvo e parzialmente seghettato, con una lama lunga circa 20 centimetri, è stato trovato lunedì ancora sporco di sangue tra la spazzatura, poco distante dal luogo dove è stata soccorsa la vittima. Padre e fratello del ragazzo ucciso inizialmente avevano riferito solo di aver trovato il figlio agonizzante e di averlo soccorso. I carabinieri, coordinati dal pm Mazza e dal procuratore Gustavo Cioppa, stanno cercando di chiarire alcuni aspetti del loro racconto.

Redazione Milano online

27 novembre 2012 | 23:13

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/12_novembre_27/omiocidio-pavia-fermato-coltello-2112902171420.shtml

Due anziani pedofili violentano per mesi una bambina disabile

Il dramma svelato grazie a una frase del fratellino di 9 anni: «Quello è il fidanzato grande di mia sorella»

PAVIA – «Lo vedi quello? È il fidanzato grande di mia sorella». È stato Franchino (i nomi sono di fantasia a causa della giovane età), 9 anni, a mettere una pulce nell’orecchio dell’assistente sociale e a far scattare un’operazione dei carabinieri di Stradella che ha portato all’arresto di due pensionati accusati di violenza sessuale nei confronti di Rita, una ragazzina di 11 anni con gravi problemi mentali. Ai domiciliari sono finiti Luciano Finotti, 63 anni, con piccoli precedenti alle spalle e Berengario Borromeo, 74 anni. Entrambi abitano a Inverno Monteleone, un paesino di 1.300 abitanti. «Strano – dicono gli investigatori – che in un paese così piccolo dove tutti si conoscono e dove tutti sanno tutto, nessuno si sia accorto di quanto è accaduto. Una sorta di omertà collettiva».

I due fratellini sono stati tolti alla famiglia e sono già in una comunità protetta. Tutto è iniziato qualche mese fa. Franchino e Rita sono due fratellini inseparabili, figli di agricoltori che stanno tutto il giorno nei campi della campagna pavese e proprio per questa ragione spesso restano soli. Una famiglia con problemi gravi. Rita ha un handicap mentale ed è seguita da un’assistente sociale che, a cadenze fisse, la viene a trovare. Proprio in una di queste occasioni Franchino ha mostrato con il dito all’assistente un uomo che passava per una via di Inverno Monteleone, dicendo una frase che ha fatto accapponare la pelle alla donna: «Quello è il fidanzato grande di mia sorella».

Sapendo delle condizioni della piccola, l’assistente ha fatto ancora qualche domanda al fratellino e poi ha preso la decisione: è andata dritta ai carabinieri di Stradella e ha esposto i suoi sospetti al capitano Francesco Spera. Gli atti sono stati trasmessi in procura e il pubblico ministero Paolo Mazza ha preso le redini dell’indagine. I militari si sono mossi con molta attenzione proprio perché i due ragazzini vivono in un piccolo paese dove è quasi impossibile fare sopralluoghi senza essere visti e soprattutto per non destare sospetto nei pedofili. Per prima cosa è stato individuato il «fidanzato» indicato da Franchino. Il pensionato è stato identificato, seguito, pedinato e il cellulare è stato messo sotto controllo. Poi è scattata la seconda fase dell’inchiesta. I carabinieri sono riusciti a piazzare alcune microspie «ambientali» a casa dei due fratellini ma anche nell’abitazione di Luciano Finotti. Con il passare dei giorni è stato ricostruito un quadro che il procuratore di Pavia Gustavo Cioppa ha definito «inequivocabile».

Dalle telefonate intercettate e dalle ambientali si è avuto la certezza dei toccamenti subiti dalla piccola Rita, costretta ad avere anche rapporti sessuali completi. Gli incontri avvenivano, quasi sempre, a casa della ragazzina proprio perché non c’era nessuno. Durante i lunghi giorni delle intercettazioni, nei colloqui è entrato anche Berengario Borromeo, il pensionato di 74 anni anch’egli accusato di violenza sessuale. Quando i carabinieri hanno avuto la certezza delle violenze per prima cosa hanno preso i due fratellini e, dopo aver avvisato i genitori, li hanno portati in una comunità protetta dove si trovano tutt’ora. Il pubblico ministero Paolo Mazza ha chiesto le ordinanze di custodia cautelare che sono state concesse dal giudice delle indagini preliminari il quale, però, ha disposto per i due pedofili accusati di violenza sessuale gli arresti domiciliari.

Alberto Berticelli
05 luglio 2011 11:54

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/11_luglio_5/violenza-sessuale-bambina-disabile-pavia-monteleone-1901020074911.shtml

Abusi edilizi, arrestato Angelo Bugatti

Un docente universitario in carcere, un imprenditore agli arresti domiciliari, un dirigente del Comune sospeso dal servizio. Gli sviluppi sul caso di Punta Est, per una presunta lottizzazione abusiva di terreni alla periferia della città, scuotono Pavia. Un’indagine che coinvolge due personaggi importanti e noti dell’Amministrazione comunale e dell’Ateneo, anche se la magistratura ha subito chiarito che le due istituzioni non sono coinvolte.

Due gli ordini di custodia cautelare: Angelo Bugatti, professore della facoltà di Ingegneria dell’Università di Pavia, è stato arrestato e accompagnato in carcere; Dario Maestri, imprenditore edile, è ai domiciliari; Angelo Moro, dirigente del settore Urbanistica del Comune di Pavia, è stato invece sospeso. Le ipotesi di reato sono corruzione, falso, falso materiale, truffa e abuso d’ufficio.

Al centro dell’indagine, avviata due anni fa, una presunta lottizzazione abusiva di terreni alla periferia di Pavia. Nel progetto originario l’area di Punta Est doveva ospitare residenze universitarie e un centro di ricerca. Successivamente, come hanno spiegato gli inquirenti, la destinazione dell’area è cambiata: la Società Punta Est srl avrebbe realizzato appartamenti da mettere in vendita ad un prezzo commerciale, grazie ad una variante del piano regolatore. Un cambiamento che sarebbe stato possibile grazie ad una serie di atti falsificati.

A dare la svolta all’indagine è stata la scoperta della Gdf di una serie di fatture false che testimonierebbero il passaggio di 120mila euro dall’imprenditore Maestri al professor Bugatti: fatture nelle quali si giustificherebbe questo passaggio di denaro con prestazioni professionali effettuate dal professor Bugatti e con delle liberalità concesse dalla società immobiliare al Dipartimento di ingegneria dell’Ateneo (che all’epoca dei fatti era diretto proprio dal professor Bugatti).

La modifica del piano regolatore, per consentire la costruzione di appartamenti in un’area in cui erano previste residenze per gli studenti universitari, sarebbe stata possibile grazie alla disponibilità di Angelo Moro.

Investigatori e inquirenti hanno spiegato oggi che sia l´ Università sia il Comune si sono resi conto che qualcosa non funzionava, chiedendo ai propri dipendenti gli atti dell’ operazione e cercando di esercitare forme di autotutela. Ma l’intervento dei vertici delle due istituzioni non è servito. E proprio su questi coni d’ombra l’inchiesta va avanti per verificare se ci sono altre responsabilità.

La Società Punta Est srl aveva già cominciato a costruire gli appartamenti, mettendoli in vendita ad un prezzo di mercato. A scoprirlo è stata anche una coppia che aveva contattato l’immobiliare per acquistare un alloggio: in realtà quelli che si erano presentati come due futuri sposi, erano carabinieri in borghese che stavano svolgendo le indagini. L’anno scorso i carabinieri avevano sequestrato il cantiere di Punta Est, costituito da 9mila metri quadrati e alcuni appartamenti in costruzione, per un valore di circa 3 milioni di euro. «È un’inchiesta importante, frutto della collaborazione tra la magistratura e le forze dell’ordine – ha commentato il procuratore capo Gustavo Cioppa -. Noi agiamo nell’interesse di Pavia e dei suoi cittadini. Non parlerei però di `sistema Pavia´: singoli episodi non devono offuscare l’immagine delle istituzioni pavesi, come l’Università e il Comune, e di chi vi lavora onestamente». La notizia dell’arresto di Bugatti ha subito provocato una prima reazione dei vertici dell’Università di Pavia. «Stamattina abbiamo appreso la notizia – ha dichiarato il rettore, professor Angiolino Stella -. Riponiamo la massima fiducia nell’operato della magistratura e attendiamo che al più presto venga fatta totale chiarezza sulle responsabilità del professore e sull’intera vicenda, che, ne sono certo, non coinvolge in alcun modo gli organi di governo dell’ateneo».

07 Febbraio 2013

Fonte: https://www.lastampa.it/cronaca/2013/02/07/news/abusi-edilizi-arrestato-1.36118902

Sgozzò la moglie e i figli: «Voglio lo sconto di pena»

Rito abbreviato e perizie, il padre-omicida di Motta Visconti fa di tutto per evitare l’ergastolo. La suocera: «Deve soffrire»

MilanoRito abbreviato per Carlo Lissi, il giovane che la scorsa estate sgozzò moglie e due figli, per essere libero di vivere senza il fardello della famiglia.

L’ha deciso ieri il gip di Pavia Luisella Perulli, accogliendo la richiesta del suo legale Corrado Limentani, teso a scongiurare l’ergastolo e puntare a una condanna a 30 anni. Che potrebbero scendere ulteriormente se la perizia psichiatrica, disposta sempre ieri dal magistrato, dovesse confermare il suo «vizio di mente». Accertato per ora solo dagli psichiatri della difesa. Una possibile clemenza non certo condivisa dalla suocera Giuseppina Radaelli: «Non perdono e non perdonerò mai chi ha ucciso mia figlia e i miei due nipoti. Da questo processo chiedo solo giustizia: deve restare in carcere a soffrire, così come ha fatto soffrire noi».

Carlo Lissi, 31 anni, ieri ha preferito non presentarsi in aula, come non sarà presente il 14 maggio quando il gip assegnerà l’incarico ai periti per capire la «capacità di intendere» del giovane tecnico informatico. «Ma il signor Lissi sarà comunque presente in una delle prossime udienze, per raccontare quanto è successo – hanno garantito i suoi avvocati -. È molto afflitto per quanto è successo e disposto a espiare la giusta pena per le sue responsabilità». Pena che potrebbe fermarsi a 30 anni, e forse scendere se appunto gli fosse riconosciuto il «vizio di mente». Diagnosi che potrebbe meglio spiegare perché la sera del 14 giugno 2014 l’uomo ha ucciso a coltellate la moglie Maria Cristina Omes, 38 anni, e i due figli Giulia, 5 anni, e Gabriele, 20 mesi. Disarmante la motivazione: «Ero innamorato di Maria, una mia collega di lavoro, tra noi non c’è mai stato nulla, non intendeva tradire il fidanzato. Ma io avevo perso la testa per lei, anche perché ero stanco di mia moglie: essendo più grande di me comandava lei in casa. Tanto che avevo già avuto in passato un paio di relazioni extraconiugali».

La famiglia come una gabbia da cui uscire in qualche modo. Lissi pensa alla separazione, ma alcuni amici gli spiegano come sia un passaggio duro tra procedure giudiziarie e alimenti da pagare. Senza contare che avrebbe dovuto affrontare anche genitori e suoceri. Però quella sera di giugno confessa il suo amore per Maria alla moglie, ne nasce un violento litigio. Lei lo accusa, lo insulta. Lui afferra un coltello e inizia a colpire, mentre lei tenta di fuggire gridando «no, no» e chiedendo «perché, perché?». Dopo la moglie, i figli. Ancor più agghiacciante la spiegazione: «Non riesco a capire bene neppure io perché l’abbia fatto. Forse perché temevo che avrebbero sofferto troppo senza madre ne padre». Dopo il delitto l’idea di suicidarsi, subito scartata. Simula invece l’azione di una banda di rapinatori e svuota la cassaforte dei gioielli della moglie. Poi, per crearsi un alibi, va al bar a vedere la partita Italia-Inghilterra. «Normalissimo» racconteranno gli amici con lui davanti al televisore. La versione della rapina finita male regge appena 24 ore poi, incalzato dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa e dal sostituto Giovanni Benelli, crolla e confessa tutto.

Ieri il primo passo di un processo destinato non certo a stabilire la sua colpevolezza, ma solo l’entità della pena. Con la possibilità di evitare l’ergastolo tra l’abbreviato e una perizia psichiatrica favorevole. Eventualità che fa infuriare la mamma di Maria Cristina: «Deve restare in carcere e soffrire come ha fatto soffrire noi».

Enrico Silvestri – Mer, 22/04/2015

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/sgozz-moglie-e-i-figli-voglio-sconto-pena-1119216.html

Moglie e figli uccisi in casa Ecco le immagini dell’orrore

Carlo Lissi ammazzando moglie e figli ha dimostrato una «spiccata capacità criminale» perché disposto a eliminare con qualsiasi mezzo ogni ostacolo sulla sua strada.

C’è perciò il reale pericolo che possa ripetere reati dello stesso tipo e dunque deve restare in carcere. Con queste motivazioni ieri in gip di Pavia dopo aver confermato il fermo, ha anche ordinato la custodia cautelare in carcere per l’assassino reo confesso. Accogliendo in toto le ipotesi formulate dal procuratore Gustavo Cioppa, compresa le premeditazione. E ulteriori elementi a questa tesi, potrebbero arrivare al termine del sopralluogo del Ris di Parma, entrati ieri mattina alle 10 nella villetta del delitto, in via Ungaretti 20 a Motta Visconti.
Un piccolo paese sconvolto da efferatezza e che per questo l’altra sera è sceso in piazza per una marcia silenziosa di preghiera: quasi 4mila persone sui 7.500 residenti. E che ancora adesso si chiede cosa abbia spinto Lissi, 32 anni, ad accoltellare Cristina, 39 anni, e poi i figli Giulia,cinque anni, e Gabriele, 20 mesi, per andare poi tranquillamente a vedere la partita Italia Germania. Festeggiando, come tutti per la vittoria. Una prima risposta l’ha azzardata la Procura: la famiglia per lui era diventata una prigione, e l’incontro con una collega di cui si era invaghito, per altro non corrisposto, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
«Ma perché non separarsi?» gli hanno chiesto il procuratore Cioppa. «Non avevo il coraggio di affrontare mia moglie». E ancora il magistrato: «Ma perché anche i figli?». Disarmante risposta: «Perché sarebbero rimasti comunque». Insomma Carlo Lissi voleva tornare libero da ogni responsabilità per recuperare quella giovinezza che un matrimonio a 25 anni gli aveva impedito di vivere appieno. Rimane un ultimo dubbio: aveva pianificato il delitto? Cioppa glie lo chiede, lui si limita a risponde: «Ci pensavo da qualche giorno». Fino a scegliere la data giusta, sabato 14, gara Italia Germania, da andare a vedere, contrariamente a quanto faceva di solito, a casa di amici per precostituirsi l’alibi.

Enrico Silvestri – Ven, 20/06/2014

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/milano/moglie-e-figli-uccisi-casa-ecco-immagini-dellorrore-1029557.html

Pavia È morta l’anziana cieca aggredita e violentata da un immigrato

Non ce l’ha fatta Francesca Cristiani Cassinelli, la donna 83enne di Albuzzano non vedente e allettata, perché affetta da una malattia cronica, violentata da un operaio romeno ubriaco senza fissa dimora, Inout Felician Szilagyi, 31 anni, la notte tra il 14 e il 15 febbraio scorso. È morta domenica notte a Belgioioso, nel distaccamento in Bassa Pavese dell’ospedale San Matteo di Pavia, dopo essere stata portata qui perché nel capoluogo non c’era più niente da fare per lei. L’ha stroncata un’improvvisa crisi respiratoria e per stamattina è stata programmata l’autopsia all’istituto di Medicina legale di Pavia. Si aggrava, quindi, la posizione del romeno tuttora rinchiuso nel carcere di Torre del Gallo. L’uomo era stato arrestato con le accuse di violenza sessuale e lesioni gravi. Ora dovrà rispondere anche di omicidio in conseguenza di altro reato, assistito dall’avvocato Barbara Ricotti. E ad Albuzzano, dove abitava l’83enne, esplode la rabbia dei residenti che preannunciano di voler presenziare in massa ai funerali. Continuano, intanto, le indagini sul movente del romeno, coordinate dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa. E si avvalora la tesi secondo la quale l’uomo avrebbe lavorato con il figlio della donna e, quella sera, per conti in sospeso, avrebbe voluto vendicarsi sull’anziana malata. E mentre in queste ore il vicesindaco di Albuzzano Walter Ottini dice di attendere «decisioni forti dal prefetto di Pavia», il sindaco Margherita Canini preannuncia da aprile, in paese, corsi di autodifesa per le donne e l’insediamento di carabinieri in congedo, in veste di sorveglianti, in locali recuperati in centro.

Redazione – Mar, 24/02/2009

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