Salvuccio Riina: “Vado al Nord per rifarmi una vita”

«Signor giudice, voglio rifarmi una vita da persona per bene, nonostante il nome che porto» dice il giovanotto in tribunale. L’hanno accontentato: dal 2 ottobre prossimo, lasciandosi alle spalle i cancelli del supercarcere di Voghera dopo aver scontato una condanna a otto anni, Salvuccio non tornerà più nella sua Sicilia. Una normale storia di reinserimento sociale? No, a renderla speciale è il cognome del protagonista: Riina. Per la precisione Giuseppe Salvatore Riina, 34 anni, figlio del boss dei boss. «Salvuccio» ha deciso di tagliare i ponti con Corleone, con l’ambiente mafioso, con l’ingombrante famiglia e giocarsi la seconda chance di vita al Nord, prendendo casa e lavorando per una onlus.

Destinazione tenuta al momento segreta, i rumors la indicano nella zona di Padova ma il fatto più importante è ovviamente la rottura tra Riina junior e le sue radici. E la Lega, che ai suoi esordi aveva scatenato una battaglia proprio contro l’invio al Nord di personaggi legati a Cosa Nostra, non ci sta: «Vale lo stesso discorso di 30 anni fa: sono personaggi pericolosi, qui non li vogliamo» attacca Gianluca Buonanno, deputato del Carroccio e già componente della Commissione antimafia. Il giudice di Pavia Maria Teresa Gandini, competente per la questione, ha depositato ieri mattina la sua decisione: dopo la scarcerazione Riina potrà risiedere nel Nord Italia. Ma conformemente a quanto richiesto dal procuratore capo Gustavo Cioppa, che ritiene il personaggio ancora «potenzialmente pericoloso», ha sottoposto il figlio del boss per 2 anni a misure di vigilanza speciale: Salvuccio dovrà rincasare sempre prima delle 22, non potrà incontrare pregiudicati e deve sottoporsi all’obbligo di firma. Per il resto sarà libero di prendersi casa e lavoro.

«Sia chiaro che il signor Riina non è un pentito – precisa il suo legale avvocato Francesca Casarotto – e rimane in ottimi rapporti con i suoi congiunti. Semplicemente ha manifestato al giudice la sua volontà di non ritornare in Sicilia e di fermarsi in un luogo dove ritiene di avere più possibilità di ricominciare una vita da persona onesta lontano dall’ambiente che gli ha provocato guai con la giustizia». Determinanti nella svolta sono stati alcuni incontri con i volontari nel carcere di Voghera, gli studi compiuti (informatica in particolare) e l’opportunità offerta al detenuto dalla onlus presso la quale lavorerà come impiegato. Ma come detto non tutti sono disposti a porgere metaforicamente l’altra guancia. «Se sapessi che uno così viene a vivere nel mio comune affiggerei manifesti con la sua faccia e la scritta “Via da qui”; un Riina deve sentire l’ostilità dell’ambiente che lo circonda» dice Gianluca Buonanno. E aggiunge il deputato leghista: «Non vogliamo che la storia e gli errori degli anni 70 si ripetano; allora l’applicazione dei soggiorni obbligati significò l’arrivo della mafia nelle nostre regioni. Oggi il pericolo è aumentato perché queste organizzazioni possono contare su ramificazioni più forti».

Nino Amadore

24 settembre 2011 

Fonte: https://ninoamadore.blog.ilsole24ore.com/2011/09/24/salvuccio-riina-vado-al-nord-per-rifarmi-una-vita/

Due ore di libertà per Vallanzasca: incontra la mamma

Dodo Perri, uno dei più noti «musher» europei, travolto da un gommone mentre faceva subacquea

«Uno dovrebbe conoscerla mia mamma. Piccolina, minuta, tutta bianca coi capelli color neve…». Stropicciava quegli occhi blu che fecevano impazzire le donne ma che diventavano più duri del ghiaccio quando premeva il grilletto uccidendo, il «bel René». Parlava di lei. Marie, la sua mamma ormai vecchia e malandata, ma anche la donna, forse l’unica, che mai lo ha abbandonato nella sua esistenza. Prima di duro di periferia, poi di boss tragico e spietato, infine di ergastolano senza speranza.
Marie così gracile eppure forte come una leonessa.
Il «bel René» è Renato Vallanzasca, uno detenuti numeri uno d’Italia. Sante il bandito scappava in bicicletta, lui rombando su auto rubate, facendosi largo a colpi di mitra. Fu il rapinatore assassino protagonista delle cronache nere degli anni ’70-80. Ma di mamma ce n’è una sola, si sa. E di fronte a lei, anche il cattivo con la faccia d’angelo si scioglie.
Già da un paio d’anni l’ex boss della Comasina chiedeva con insistenza il trasferimento dal carcere di Voghera a quello di Milano per poter essere più vicino alla sua «vecchina». Ha 89 anni ed è malata. Lo scorso anno, il 1° maggio, René, 56 anni di cui 36 trascorsi (tra un’evasione e l’altra) dietro le sbarre, era riuscito a coronare il suo desiderio: una breve visita a casa di Marie nell’appartamento antico di via Porpora a Milano. Ieri l’abbraccio si è finalmente ripetuto. Stavolta però nell’ospedale dove la donna è ricoverata ormai da mesi. Una visita di due ore. Ottenuta con grande fatica. Già il 15 giugno dell’anno scorso Vallanzasca si era presentato di persona al Tribunale di sorveglianza chiedendo ancora di uscire di cella. Per farle visita. Ma i giudici risposero picche. Il suo avvocato, Alessandro Bonalume, non si è arreso. E stavolta, malgrado il parere contrario della Procura generale, il Tribunale di Sorveglianza ha detto sì. Persino Marie dal suo letto d’ospedale aveva supplicato, rivolgendosi all’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Chiedendo la grazia per quel suo figlio «maledetto» ma amato.
Il sostituto procuratore generale, Gustavo Cioppa, nonostante tutto, aveva chiesto di respingere la domanda di permesso per Vallanzasca, facendo presente che non erano ravvisabili i motivi di particolare urgenza. Ma il tribunale ha evidentemente voluto andare incontro al desiderio dell’anziana donna. «Al permesso che gli fu recentemente negato – aggiunge l’avvocato – il signor Vallanzasca ha fatto ricorso, perché le motivazioni addotte a quell’opposizione non gli sembravano giuste. D’altronde una donna novantenne con gravi patologie non deve necessariamente essere a rischio per destare allarme. Ritengo che il Tribunale di sorveglianza, composto da magistrati competenti, abbia dimostrato di avere anche un cuore e una coscienza».
René ieri è uscito, dunque, dal carcere di Voghera e, sotto stretta sorveglianza, ha raggiunto la clinica dove sua mamma è ricoverata. Lo scorso anno l’incontro tra i due era avvenuto senza problemi. Avevano pranzato insieme, con loro anche la compagna dell’ex boss, Antonella. «Renato – ha ribadito lei più volte – non è più il bandito Vallanzasca, è un uomo che la lunga detenzione ha completamente cambiato. In lui non c’è più alcuna pericolosità. Ecco perché sono convinta che una eventuale concessione della grazia renderebbe solo giustizia a una profonda trasformazione umana in un soggetto che ha abbandonato ogni forma di violenza».
Lo stesso Achille Serra, il prefetto di Roma che da commissario di polizia per anni diede la caccia al «bel René» adesso si dice contento. «Non certo per lui – chiarisce -. Le mie domande al Dap di avvicinarlo a casa – puntualizza Serra – non erano certo richieste in suo favore, ma una sorta di dovere morale verso quell’anziana donna che ha seguito il figlio, fino a quando ha potuto, in tutte le carceri e in tutti i processi».

Andrea Acquarone – Sab, 15/07/2006

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/due-ore-libert-vallanzasca-incontra-mamma.html

Sgozzò la moglie e i figli: «Voglio lo sconto di pena»

Rito abbreviato e perizie, il padre-omicida di Motta Visconti fa di tutto per evitare l’ergastolo. La suocera: «Deve soffrire»

MilanoRito abbreviato per Carlo Lissi, il giovane che la scorsa estate sgozzò moglie e due figli, per essere libero di vivere senza il fardello della famiglia.

L’ha deciso ieri il gip di Pavia Luisella Perulli, accogliendo la richiesta del suo legale Corrado Limentani, teso a scongiurare l’ergastolo e puntare a una condanna a 30 anni. Che potrebbero scendere ulteriormente se la perizia psichiatrica, disposta sempre ieri dal magistrato, dovesse confermare il suo «vizio di mente». Accertato per ora solo dagli psichiatri della difesa. Una possibile clemenza non certo condivisa dalla suocera Giuseppina Radaelli: «Non perdono e non perdonerò mai chi ha ucciso mia figlia e i miei due nipoti. Da questo processo chiedo solo giustizia: deve restare in carcere a soffrire, così come ha fatto soffrire noi».

Carlo Lissi, 31 anni, ieri ha preferito non presentarsi in aula, come non sarà presente il 14 maggio quando il gip assegnerà l’incarico ai periti per capire la «capacità di intendere» del giovane tecnico informatico. «Ma il signor Lissi sarà comunque presente in una delle prossime udienze, per raccontare quanto è successo – hanno garantito i suoi avvocati -. È molto afflitto per quanto è successo e disposto a espiare la giusta pena per le sue responsabilità». Pena che potrebbe fermarsi a 30 anni, e forse scendere se appunto gli fosse riconosciuto il «vizio di mente». Diagnosi che potrebbe meglio spiegare perché la sera del 14 giugno 2014 l’uomo ha ucciso a coltellate la moglie Maria Cristina Omes, 38 anni, e i due figli Giulia, 5 anni, e Gabriele, 20 mesi. Disarmante la motivazione: «Ero innamorato di Maria, una mia collega di lavoro, tra noi non c’è mai stato nulla, non intendeva tradire il fidanzato. Ma io avevo perso la testa per lei, anche perché ero stanco di mia moglie: essendo più grande di me comandava lei in casa. Tanto che avevo già avuto in passato un paio di relazioni extraconiugali».

La famiglia come una gabbia da cui uscire in qualche modo. Lissi pensa alla separazione, ma alcuni amici gli spiegano come sia un passaggio duro tra procedure giudiziarie e alimenti da pagare. Senza contare che avrebbe dovuto affrontare anche genitori e suoceri. Però quella sera di giugno confessa il suo amore per Maria alla moglie, ne nasce un violento litigio. Lei lo accusa, lo insulta. Lui afferra un coltello e inizia a colpire, mentre lei tenta di fuggire gridando «no, no» e chiedendo «perché, perché?». Dopo la moglie, i figli. Ancor più agghiacciante la spiegazione: «Non riesco a capire bene neppure io perché l’abbia fatto. Forse perché temevo che avrebbero sofferto troppo senza madre ne padre». Dopo il delitto l’idea di suicidarsi, subito scartata. Simula invece l’azione di una banda di rapinatori e svuota la cassaforte dei gioielli della moglie. Poi, per crearsi un alibi, va al bar a vedere la partita Italia-Inghilterra. «Normalissimo» racconteranno gli amici con lui davanti al televisore. La versione della rapina finita male regge appena 24 ore poi, incalzato dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa e dal sostituto Giovanni Benelli, crolla e confessa tutto.

Ieri il primo passo di un processo destinato non certo a stabilire la sua colpevolezza, ma solo l’entità della pena. Con la possibilità di evitare l’ergastolo tra l’abbreviato e una perizia psichiatrica favorevole. Eventualità che fa infuriare la mamma di Maria Cristina: «Deve restare in carcere e soffrire come ha fatto soffrire noi».

Enrico Silvestri – Mer, 22/04/2015

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/sgozz-moglie-e-i-figli-voglio-sconto-pena-1119216.html

Moglie e figli uccisi in casa Ecco le immagini dell’orrore

Carlo Lissi ammazzando moglie e figli ha dimostrato una «spiccata capacità criminale» perché disposto a eliminare con qualsiasi mezzo ogni ostacolo sulla sua strada.

C’è perciò il reale pericolo che possa ripetere reati dello stesso tipo e dunque deve restare in carcere. Con queste motivazioni ieri in gip di Pavia dopo aver confermato il fermo, ha anche ordinato la custodia cautelare in carcere per l’assassino reo confesso. Accogliendo in toto le ipotesi formulate dal procuratore Gustavo Cioppa, compresa le premeditazione. E ulteriori elementi a questa tesi, potrebbero arrivare al termine del sopralluogo del Ris di Parma, entrati ieri mattina alle 10 nella villetta del delitto, in via Ungaretti 20 a Motta Visconti.
Un piccolo paese sconvolto da efferatezza e che per questo l’altra sera è sceso in piazza per una marcia silenziosa di preghiera: quasi 4mila persone sui 7.500 residenti. E che ancora adesso si chiede cosa abbia spinto Lissi, 32 anni, ad accoltellare Cristina, 39 anni, e poi i figli Giulia,cinque anni, e Gabriele, 20 mesi, per andare poi tranquillamente a vedere la partita Italia Germania. Festeggiando, come tutti per la vittoria. Una prima risposta l’ha azzardata la Procura: la famiglia per lui era diventata una prigione, e l’incontro con una collega di cui si era invaghito, per altro non corrisposto, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
«Ma perché non separarsi?» gli hanno chiesto il procuratore Cioppa. «Non avevo il coraggio di affrontare mia moglie». E ancora il magistrato: «Ma perché anche i figli?». Disarmante risposta: «Perché sarebbero rimasti comunque». Insomma Carlo Lissi voleva tornare libero da ogni responsabilità per recuperare quella giovinezza che un matrimonio a 25 anni gli aveva impedito di vivere appieno. Rimane un ultimo dubbio: aveva pianificato il delitto? Cioppa glie lo chiede, lui si limita a risponde: «Ci pensavo da qualche giorno». Fino a scegliere la data giusta, sabato 14, gara Italia Germania, da andare a vedere, contrariamente a quanto faceva di solito, a casa di amici per precostituirsi l’alibi.

Enrico Silvestri – Ven, 20/06/2014

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/milano/moglie-e-figli-uccisi-casa-ecco-immagini-dellorrore-1029557.html

Pavia È morta l’anziana cieca aggredita e violentata da un immigrato

Non ce l’ha fatta Francesca Cristiani Cassinelli, la donna 83enne di Albuzzano non vedente e allettata, perché affetta da una malattia cronica, violentata da un operaio romeno ubriaco senza fissa dimora, Inout Felician Szilagyi, 31 anni, la notte tra il 14 e il 15 febbraio scorso. È morta domenica notte a Belgioioso, nel distaccamento in Bassa Pavese dell’ospedale San Matteo di Pavia, dopo essere stata portata qui perché nel capoluogo non c’era più niente da fare per lei. L’ha stroncata un’improvvisa crisi respiratoria e per stamattina è stata programmata l’autopsia all’istituto di Medicina legale di Pavia. Si aggrava, quindi, la posizione del romeno tuttora rinchiuso nel carcere di Torre del Gallo. L’uomo era stato arrestato con le accuse di violenza sessuale e lesioni gravi. Ora dovrà rispondere anche di omicidio in conseguenza di altro reato, assistito dall’avvocato Barbara Ricotti. E ad Albuzzano, dove abitava l’83enne, esplode la rabbia dei residenti che preannunciano di voler presenziare in massa ai funerali. Continuano, intanto, le indagini sul movente del romeno, coordinate dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa. E si avvalora la tesi secondo la quale l’uomo avrebbe lavorato con il figlio della donna e, quella sera, per conti in sospeso, avrebbe voluto vendicarsi sull’anziana malata. E mentre in queste ore il vicesindaco di Albuzzano Walter Ottini dice di attendere «decisioni forti dal prefetto di Pavia», il sindaco Margherita Canini preannuncia da aprile, in paese, corsi di autodifesa per le donne e l’insediamento di carabinieri in congedo, in veste di sorveglianti, in locali recuperati in centro.

Redazione – Mar, 24/02/2009

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/pavia-morta-l-anziana-cieca-aggredita-e-violentata-immigrato.html

Abusi sui figli, sconto in appello

Al padre condanna ridotta da 12 a 9 anni, alla madre da 10 a 5

Confermata la condanna, ma ridotta la pena a carico di una coppia di coniugi che avrebbero abusato dei due figli minorenni, uno di 4 anni e l’altra di 7. Per rispondere di violenza sessuale, infatti, sono comparsi ieri davanti alla prima Corte d’appello due coniugi, ora separati, che secondo il capo di imputazione avrebbero tra l’altro consumato i loro rapporti sessuali in presenza dei due minori.
In primo grado l’uomo aveva ricevuto una condanna a 12 anni e sei mesi, e la donna a 10 anni. Ieri è stata decisa una riduzione di pena per entrambi, e più consistente per la donna.
Il sostituto procuratore generale Gustavo Cioppa ha concluso la sua requisitoria, chiedendo la conferma della sentenza emessa dal tribunale. Sulla stessa linea l’avvocato di parte civile Gabriella Cascini (in rappresentanza dei due bambini), mentre i difensori, gli avvocati Claudio Cicciò e Mario La Monica, hanno sostenuto l’inconsistenza del capo di imputazione, chiedendo quindi una duplice assoluzione.
La corte ha parzialmente rinnovato le decisioni del tribunale, riducendo la pena a 9 anni per l’uomo e a 5 anni e sei mesi per la donna. Confermato, inoltre, l’obbligo del risarcimento dei danni, quantificato in 15mila euro per ciascuno dei due minori.

Redazione – Mer, 19/04/2006

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/abusi-sui-figli-sconto-appello.html

Motta Visconti, dietro la strage una polizza vita sulla moglie

Motta Visconti(Milano)Una polizza sulla vita di Cristina Omes, beneficiario il marito Carlo Lissi. È il nuovo elemento emerso in queste ore che, se confermato, andrebbe a rendere ancora più fosco il quadro del triplice delitto di via Ungaretti, la villetta dove l’uomo, 32 anni, ha ucciso la moglie, dopo averci fatto l’amore, e i figli.

Perché, come ha poi spiegato agli inquirenti nel corso della confessione, la famiglia per lui era diventata un peso insostenibile da cui liberarsi a qualsiasi prezzo.
La notizia è trapelata ieri quando ai carabinieri è giunta la notizia, probabilmente dallo stretto giro di amici e famigliari, che Cristina Omes, 39 anni, avrebbe avuto una polizza sulla vita. Particolare abbastanza credibile vista che la giovane donna era impiegata presso l’agenzia Sai di Motta Visconti e che altri impegni analoghi erano già stati accesi dai famigliari dei due coniugi. Spetterà ora agli investigatori chiarire nei dettagli e soprattutto inquadrare questo aspetto nel quadro criminale complessivo. In altri termini se si scoprisse che il contratto era stato stipulato nel 2009, quando è nata Giulia, o nel 2012, quando è nato invece Gabriele, potrebbe trattarsi banalmente di una comprensibile attenzione di due coniugi nei confronti della famiglia. Magari accertando che pure Carlo Lissi aveva a sua volta acceso una polizza con beneficiaria la moglie Cristina.
Diverso aspetto invece se l’uomo avesse convinto la moglie a sottoscrivere il contratto appena qualche settimana fa, irrobustendo così l’ipotesi accusatoria della procura che gli ha contestato l’omicidio premeditato. Carlo Lissi infatti ha raccontato di aver ucciso la moglie attorno alle 23 di sabato 14 giugno, dopo aver fatto l’amore, colpendola cinque o sei volte con un coltello. Quindi è salito al piano superiore dove con un sol colpo ha trafitto la gola ai due bambini. Quindi ha gettato all’aria alcuni cassetti, è nuovamente sceso, ha aperto la cassaforte, preso i gioielli della moglie per simulare una rapina finita in tragedia. Poi è andato tranquillamente a vedere Italia Inghilterra, esultando per i gol degli azzurri. Tornato infine alle 2 ha «scoperto» i tre corpi straziati e quindi dato l’allarme.
Una versione durata appena 24 ore, il tempo di mettere l’uomo di fronte alle tante incongruenze. Per esempio aver abbracciato la moglie trovata in un lago di sangue senza sporcarsi le mani e i vestiti, le porte o gli interruttori della luce. Gli investigatori gli hanno poi contestato una sbandata, per altro non corrisposta, per una collega di lavoro: episodio decisivo per decidere di liberarsi di moglie e figli. E alla fine, nella notte tra domenica e lunedì, attorno alle 2, è arriva la confessione, preceduta da un liberatorio «Voglio il massimo della pena».
Quando il procuratore Gustavo Cioppa gli ha chiesto perché avesse ucciso non solo la moglie ma anche i figli, ha risposto che loro «sarebbero rimasti» comunque, mentre ormai era l’intera famiglia ed essere diventata «un peso». E alla successiva domanda: «Aveva premeditato il triplice delitto?» si è limitato a replicare «Ci stavo pensando da qualche giorno». Elementi che messi insieme con il rapporto sessuale, per dimostrare gli ottimi rapporti tra coniugi, e la partita guardata al bar, mentre di solito Carlo Lissi le guardava a casa, hanno fatto scattare tra le varie aggravanti anche la premeditazione. Ora salta fuori anche la polizza vita, che potrebbe gettare una luce ancor più sinistra sul gesto di Lissi, e rendere più consistente l’ipotesi della premeditazione.

Enrico Silvestri – Sab, 28/06/2014

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/interni/motta-visconti-dietro-strage-polizza-vita-sulla-moglie-1032669.html

Sgozzata in casa con i due figlioletti

Massacrati una donna e i bimbi di 5 anni e 20 mesi. Sotto torchio il marito: era andato a vedere la partita 

Motta Visconti (Milano) – Una giovane mamma e i suoi due bimbi massacrati a coltellate, una villetta senza segni di effrazione ma con una cassaforte aperta e un padre disperato che chiama i carabinieri.

Questi sono gli elementi di un giallo in cui ogni tassello del mosaico sembra contraddire il precedente. Alcuni aspetti portano infatti alla rapina degenerata, altri al delitto d’impeto. Di sicuro non si tratta di un omicidio-suicidio, il coltello non è stato trovato nella casa. Allora bisogna andare a rivedere ogni più insignificante particolare sentendo l’unica persona in grado di fornire tutte le risposte: il marito, il cui interrogatorio, iniziato ieri in tarda serata è poi proseguito fino a tarda notte.

Motta Visconti è un paese di poco più di 7.500 anime sulle sponde del Ticino, dall’altra parte Garlasco, dove nel 2007 fu uccisa Chiara Poggi, entrando così nell’immaginario italiano come sinonimo di giallo. Qui in un dignitosa villetta di via Ungaretti 20 abitano i Lissi: Carlo, 32 anni, Cristina Omes, 39, e i loro figli, Giulia, cinque, e Gabriele 20 mesi. Un quadretto da «Mulino bianco». Lei minuta e graziosa, impiegata alle assicurazioni Sai del paese, tutta casa e chiesa, volontariato nella Croce Rossa, abbandonato dopo la nascita del secondo figlio, e impegno i parrocchia. Lui, laurea in economia e commercio, lavoro come informatico in uno studio milanese, sposo devoto, la accompagna tutte le domeniche in chiesa.
Sabato sera verso le 23.30 Carlo lascia moglie e figli per andare a vedere Inghilterra-Italia a casa di un amico. Rientra poco dopo le 2 e trova la donna in soggiorno, la figlia nella sua cameretta, il piccolo nel lettone matrimoniale. Tutti coperti di sangue, colpiti più volte, in particolare al collo, con un coltello, che però non si trova, escludendo così l’ipotesi di una «Medea» impazzita che ammazza i propri figli. Non ci sono segni di effrazione ma la cassaforte è aperta e mancherebbe qualche soldo. Scenari da rapina degenerata dunque: il bandito sorpreso a rubare avrebbe ammazzato la donna. Certo ma poi è difficile immaginare abbia ucciso perché «scomodi testimoni» la bimba di 5 anni e il piccolo di 20 mesi, che in base alle tracce è stato «trascinato» fino alla camera dei genitori e poi deposto delicatamente sul lettone. Quanto alla cassaforte aperta, potrebbe essere un depistaggio, come una banale disattenzione dei coniugi, proprio perché vuota.

Non ci siamo, bisogna ricominciare. Allora si scava nella vita dei due ragazzi. Entrambi sono figli di persone benestanti: il padre di lui, Francesco, è un ex artigiano piastrellista, quello di lei, Decio, un ex fruttivendolo. Dopo il matrimonio sei anni fa sono andati a vivere in un appartamento in via Matteotti, ma quando l’anno dopo è morto Decio, gli sposi si sono trasferiti nella villetta e la mamma nell’appartamento. Qui dunque la coppia avrebbero ripreso la sua vita tranquilla, anche se in paese non tutti sono pronti a giurare su tanta serenità. Qualcuno parla di dissapori, litigi, persino di tradimenti. Ma sono voci che in un piccolo centro, pettegolo per antonomasia, non mancano mai, quindi difficile stabilirne la veridicità. Nel corso della notte il marito viene sentito e risentito più volte, fornisce il quadro della propria vita coniugale, indica orari, spostamenti, spiega e chiarisce. In mattinata, gli viene concessa una breve pausa, mentre iniziano i riscontri da parte dei carabinieri di Abbiategrasso e del nucleo investigativo di Milano, raggiunti nel pomeriggio dal comandante provinciale, generale Maurizio Stefanizzi. Si avverte la voglia di arrivare alla soluzione in fretta, come ripetono più volte il procuratore di Pavia Gustavo Cioppa e il sostituto Giovanni Benelli. Si lavora per tutto il pomeriggio, raccogliendo ogni dettaglio. Poi in serata si ricomincia con il marito, sentito questa volta alla presenza di un legale fino a notte inoltrata. Non è finora emersa alcuna indiscrezione, solo un certo ottimismo da parte degli inquirenti di essere veramente vicini alla soluzione di questa drammatica vicenda.

Enrico Silvestri – Lun, 16/06/2014

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/interni/sgozzata-casa-i-due-figlioletti-1028353.html

Ammazza moglie e figli a coltellate

Strage a Motta Visconti, Carlo Lissi crolla dopo una notte sotto torchio:

Quando ha visto che tutte le sue bugie non avevano più senso, verso le 4 del mattino Carlo Lissi è crollato: si è preso la testa fra le mani e nel silenzio gelido calato nella stanza degli interrogatori nella caserma dei carabinieri di Abbiate Grasso ha mormorato: «Voglio il massimo della pena». Poi è diventato un fiume in piena e ha raccontato in ogni dettaglio la notte dell’orrore, in cui per la malsana passione verso un’altra donna ha sterminato la sua famiglia. Sua moglie Cristina Omes, 38 anni, i suoi due bambini Giulia e Gabriele, di 5 anni e 20 mesi.

Carlo Lissi ha agito con freddezza e niente fino all’altra sera aveva fatto presagire le sue intenzioni che i carabinieri del nucleo investigativo di Milano e il procuratore di Pavia Gustavo Cioppa giudicano «premeditate».

La partita dell’Italia era infatti, data l’ora, un’occasione irripetibile per uscire di casa e crearsi un’alibi e fingere al suo ritorno la scoperta di una strage per rapina. L’altra sera, verso le 23, dopo aver sistemato i bambini a letto ed aver avuto un rapporto intimo con sua moglie, Lissi è andato in cucina, ha preso un coltello e mentre la donna stava guardando la televisione l’ha colpita alle spalle. Lei, incredula per la sua improvvisa ferocia, prima di morire gli ha chiesto: «perchè». Ma lui non le ha risposto e l’ha colpita con un pugno. Poi è salito nella stanza dei bambini. Prima ha tagliato la gola alla piccola Giulia, poi è andato nella camera matrimoniale e ha finito anche Gabriele.

Quindi verso le 23,30 è uscito dalla sua villetta in via Ungaretti a Motta Visconti ed è andato a raggiungere gli amici in un bar per vedere la partita dell’Italia. Lungo la strada ha gettato in un tombino il coltello che aveva usato per la strage. Una strage determinata dal fatto di voler eliminare la famiglia per sentirsi più libero e poter conquistare così il cuore di una collega di cui si era invaghito e che non lo corrispondeva. Un disgraziato. Avrà ciò che ha chiesto, il massimo della pena.

16 Giugno 2014

Fonte: https://www.lastampa.it/cronaca/2014/06/16/news/ammazza-moglie-e-figli-a-coltellate-1.35744844

Madre e due figli uccisi a coltellate

La tragedia a Motta Visconti, nel Milanese. Gli inquirenti: “Li hanno sgozzati”.

Potrebbe avere in tempi brevi un colpevole e un perché il triplice omicidio che ha scosso Motta Visconti (Milano), cittadina agricola tra Milano e Pavia, e che ha distrutto una famiglia intera, con una madre e i suoi due figli trovati uccisi nella loro abitazione.

Un delitto efferato, spietato, che ha creato «angoscia» perfino degli inquirenti. La donna, Cristina Omes, di 38 anni, e i due piccoli, Giulia e Gabriele, di 5 anni e di 20 mesi, sono stati sgozzati e sui loro corpi ci sono numerose altre lesioni che non fanno escludere un accanimento.

A trovarli è stato il padre, Carlo Lissi, di 31 anni, rincasando dopo la partita dell’Italia che aveva visto con altri amici, in paese. L’uomo è stato sentito dalla scorsa notte fino a questa mattina, e nei suoi confronti al momento non è stato emesso alcun provvedimento, anche se è rimasto «volontariamente» a disposizione degli investigatori che non hanno mai smesso di confrontare le sue dichiarazioni con quelle di parenti e testimoni, richiamandolo più volte in caserma. Il Procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, pur premettendo che «nessuna pista al momento è esclusa e che non ci sono indagati» ha però aggiunto che «gli accertamenti procedono a ritmi serrati» facendo intendere che nelle prossime ore potrebbero emergere piste precise se non dei fermi.

La coppia e i bambini vivevano in una villa nella zona residenziale di Motta Visconti, all’angolo tra via Di Vittorio e via Ungaretti, su un solo piano e con un grande giardino davanti, che è di proprietà della famiglia di lei, che gestisce un negozio di frutta e verdura. Cristina, in particolare, era conosciuta da tutti perché originaria del paese: «Lavorava come impiegata alle assicurazioni Sai – dice un residente – e prima del secondo figlio faceva la volontaria in Croce Rossa». Il marito, invece, un consulente informatico, lavorava a Milano.

Nella casa la scena apparsa ai soccorritori, intorno alle 2 della scorsa notte, è stata raccapricciante: sangue ovunque e i corpi della bambina nella sua cameretta, del piccolo nel letto matrimoniale e della donna, in soggiorno, martoriati. La cassaforte aperta e i contanti in essa contenuti, una cifra di non particolare entità, pare, spariti, ma senza segni di effrazioni evidenti sul forziere o sulla porta. Forse una messinscena. Al momento, però, non sembra che negli ambienti investigativi si dia molto credito all’ipotesi «esterna» cioè di una sanguinosa rapina, ma l’accanimento e l’assassinio del bimbo più piccolo, avrebbero fatto propendere i carabinieri di Milano, che conducono le indagini, verso un ambito privato.

In queste frenetiche ore si stanno ricostruendo i legami famigliari e le amicizie, sentendo i testimoni, che per tutto il giorno sono stati convocati in caserma a Motta e ad Abbiategrasso (Milano). Tra essi gli amici con cui il marito della vittima ha visto la partita dei Mondiali in televisione, la madre di lei, la cognata di lui e alcuni vicini che potrebbero aver udito delle grida. A mancare, oltre all’arma del delitto (ma si attendono alcune comparazioni su alcuni oggetti definiti «compatibili) è il movente, per trovare il quale si sta scavando nei rapporti privati della coppia, apparentemente buoni anche se alcuni testimoni invece avrebbero raccontato ai giornalisti di gravi problemi. Domani mattina, nella villa in via Ungaretti, è previsto un sopralluogo del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Parma che, sulla scena già “cristallizzata” dagli investigatori, dovrà compiere una seconda serie di più approfondite analisi.

15 Giugno 2014

Fonte: https://www.lastampa.it/cronaca/2014/06/15/news/madre-e-due-figli-uccisi-a-coltellate-1.35744325