Abusi sui figli, sconto in appello

Al padre condanna ridotta da 12 a 9 anni, alla madre da 10 a 5

Confermata la condanna, ma ridotta la pena a carico di una coppia di coniugi che avrebbero abusato dei due figli minorenni, uno di 4 anni e l’altra di 7. Per rispondere di violenza sessuale, infatti, sono comparsi ieri davanti alla prima Corte d’appello due coniugi, ora separati, che secondo il capo di imputazione avrebbero tra l’altro consumato i loro rapporti sessuali in presenza dei due minori.
In primo grado l’uomo aveva ricevuto una condanna a 12 anni e sei mesi, e la donna a 10 anni. Ieri è stata decisa una riduzione di pena per entrambi, e più consistente per la donna.
Il sostituto procuratore generale Gustavo Cioppa ha concluso la sua requisitoria, chiedendo la conferma della sentenza emessa dal tribunale. Sulla stessa linea l’avvocato di parte civile Gabriella Cascini (in rappresentanza dei due bambini), mentre i difensori, gli avvocati Claudio Cicciò e Mario La Monica, hanno sostenuto l’inconsistenza del capo di imputazione, chiedendo quindi una duplice assoluzione.
La corte ha parzialmente rinnovato le decisioni del tribunale, riducendo la pena a 9 anni per l’uomo e a 5 anni e sei mesi per la donna. Confermato, inoltre, l’obbligo del risarcimento dei danni, quantificato in 15mila euro per ciascuno dei due minori.

Redazione – Mer, 19/04/2006

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/abusi-sui-figli-sconto-appello.html

Motta Visconti, dietro la strage una polizza vita sulla moglie

Motta Visconti(Milano)Una polizza sulla vita di Cristina Omes, beneficiario il marito Carlo Lissi. È il nuovo elemento emerso in queste ore che, se confermato, andrebbe a rendere ancora più fosco il quadro del triplice delitto di via Ungaretti, la villetta dove l’uomo, 32 anni, ha ucciso la moglie, dopo averci fatto l’amore, e i figli.

Perché, come ha poi spiegato agli inquirenti nel corso della confessione, la famiglia per lui era diventata un peso insostenibile da cui liberarsi a qualsiasi prezzo.
La notizia è trapelata ieri quando ai carabinieri è giunta la notizia, probabilmente dallo stretto giro di amici e famigliari, che Cristina Omes, 39 anni, avrebbe avuto una polizza sulla vita. Particolare abbastanza credibile vista che la giovane donna era impiegata presso l’agenzia Sai di Motta Visconti e che altri impegni analoghi erano già stati accesi dai famigliari dei due coniugi. Spetterà ora agli investigatori chiarire nei dettagli e soprattutto inquadrare questo aspetto nel quadro criminale complessivo. In altri termini se si scoprisse che il contratto era stato stipulato nel 2009, quando è nata Giulia, o nel 2012, quando è nato invece Gabriele, potrebbe trattarsi banalmente di una comprensibile attenzione di due coniugi nei confronti della famiglia. Magari accertando che pure Carlo Lissi aveva a sua volta acceso una polizza con beneficiaria la moglie Cristina.
Diverso aspetto invece se l’uomo avesse convinto la moglie a sottoscrivere il contratto appena qualche settimana fa, irrobustendo così l’ipotesi accusatoria della procura che gli ha contestato l’omicidio premeditato. Carlo Lissi infatti ha raccontato di aver ucciso la moglie attorno alle 23 di sabato 14 giugno, dopo aver fatto l’amore, colpendola cinque o sei volte con un coltello. Quindi è salito al piano superiore dove con un sol colpo ha trafitto la gola ai due bambini. Quindi ha gettato all’aria alcuni cassetti, è nuovamente sceso, ha aperto la cassaforte, preso i gioielli della moglie per simulare una rapina finita in tragedia. Poi è andato tranquillamente a vedere Italia Inghilterra, esultando per i gol degli azzurri. Tornato infine alle 2 ha «scoperto» i tre corpi straziati e quindi dato l’allarme.
Una versione durata appena 24 ore, il tempo di mettere l’uomo di fronte alle tante incongruenze. Per esempio aver abbracciato la moglie trovata in un lago di sangue senza sporcarsi le mani e i vestiti, le porte o gli interruttori della luce. Gli investigatori gli hanno poi contestato una sbandata, per altro non corrisposta, per una collega di lavoro: episodio decisivo per decidere di liberarsi di moglie e figli. E alla fine, nella notte tra domenica e lunedì, attorno alle 2, è arriva la confessione, preceduta da un liberatorio «Voglio il massimo della pena».
Quando il procuratore Gustavo Cioppa gli ha chiesto perché avesse ucciso non solo la moglie ma anche i figli, ha risposto che loro «sarebbero rimasti» comunque, mentre ormai era l’intera famiglia ed essere diventata «un peso». E alla successiva domanda: «Aveva premeditato il triplice delitto?» si è limitato a replicare «Ci stavo pensando da qualche giorno». Elementi che messi insieme con il rapporto sessuale, per dimostrare gli ottimi rapporti tra coniugi, e la partita guardata al bar, mentre di solito Carlo Lissi le guardava a casa, hanno fatto scattare tra le varie aggravanti anche la premeditazione. Ora salta fuori anche la polizza vita, che potrebbe gettare una luce ancor più sinistra sul gesto di Lissi, e rendere più consistente l’ipotesi della premeditazione.

Enrico Silvestri – Sab, 28/06/2014

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/interni/motta-visconti-dietro-strage-polizza-vita-sulla-moglie-1032669.html

Sgozzata in casa con i due figlioletti

Massacrati una donna e i bimbi di 5 anni e 20 mesi. Sotto torchio il marito: era andato a vedere la partita 

Motta Visconti (Milano) – Una giovane mamma e i suoi due bimbi massacrati a coltellate, una villetta senza segni di effrazione ma con una cassaforte aperta e un padre disperato che chiama i carabinieri.

Questi sono gli elementi di un giallo in cui ogni tassello del mosaico sembra contraddire il precedente. Alcuni aspetti portano infatti alla rapina degenerata, altri al delitto d’impeto. Di sicuro non si tratta di un omicidio-suicidio, il coltello non è stato trovato nella casa. Allora bisogna andare a rivedere ogni più insignificante particolare sentendo l’unica persona in grado di fornire tutte le risposte: il marito, il cui interrogatorio, iniziato ieri in tarda serata è poi proseguito fino a tarda notte.

Motta Visconti è un paese di poco più di 7.500 anime sulle sponde del Ticino, dall’altra parte Garlasco, dove nel 2007 fu uccisa Chiara Poggi, entrando così nell’immaginario italiano come sinonimo di giallo. Qui in un dignitosa villetta di via Ungaretti 20 abitano i Lissi: Carlo, 32 anni, Cristina Omes, 39, e i loro figli, Giulia, cinque, e Gabriele 20 mesi. Un quadretto da «Mulino bianco». Lei minuta e graziosa, impiegata alle assicurazioni Sai del paese, tutta casa e chiesa, volontariato nella Croce Rossa, abbandonato dopo la nascita del secondo figlio, e impegno i parrocchia. Lui, laurea in economia e commercio, lavoro come informatico in uno studio milanese, sposo devoto, la accompagna tutte le domeniche in chiesa.
Sabato sera verso le 23.30 Carlo lascia moglie e figli per andare a vedere Inghilterra-Italia a casa di un amico. Rientra poco dopo le 2 e trova la donna in soggiorno, la figlia nella sua cameretta, il piccolo nel lettone matrimoniale. Tutti coperti di sangue, colpiti più volte, in particolare al collo, con un coltello, che però non si trova, escludendo così l’ipotesi di una «Medea» impazzita che ammazza i propri figli. Non ci sono segni di effrazione ma la cassaforte è aperta e mancherebbe qualche soldo. Scenari da rapina degenerata dunque: il bandito sorpreso a rubare avrebbe ammazzato la donna. Certo ma poi è difficile immaginare abbia ucciso perché «scomodi testimoni» la bimba di 5 anni e il piccolo di 20 mesi, che in base alle tracce è stato «trascinato» fino alla camera dei genitori e poi deposto delicatamente sul lettone. Quanto alla cassaforte aperta, potrebbe essere un depistaggio, come una banale disattenzione dei coniugi, proprio perché vuota.

Non ci siamo, bisogna ricominciare. Allora si scava nella vita dei due ragazzi. Entrambi sono figli di persone benestanti: il padre di lui, Francesco, è un ex artigiano piastrellista, quello di lei, Decio, un ex fruttivendolo. Dopo il matrimonio sei anni fa sono andati a vivere in un appartamento in via Matteotti, ma quando l’anno dopo è morto Decio, gli sposi si sono trasferiti nella villetta e la mamma nell’appartamento. Qui dunque la coppia avrebbero ripreso la sua vita tranquilla, anche se in paese non tutti sono pronti a giurare su tanta serenità. Qualcuno parla di dissapori, litigi, persino di tradimenti. Ma sono voci che in un piccolo centro, pettegolo per antonomasia, non mancano mai, quindi difficile stabilirne la veridicità. Nel corso della notte il marito viene sentito e risentito più volte, fornisce il quadro della propria vita coniugale, indica orari, spostamenti, spiega e chiarisce. In mattinata, gli viene concessa una breve pausa, mentre iniziano i riscontri da parte dei carabinieri di Abbiategrasso e del nucleo investigativo di Milano, raggiunti nel pomeriggio dal comandante provinciale, generale Maurizio Stefanizzi. Si avverte la voglia di arrivare alla soluzione in fretta, come ripetono più volte il procuratore di Pavia Gustavo Cioppa e il sostituto Giovanni Benelli. Si lavora per tutto il pomeriggio, raccogliendo ogni dettaglio. Poi in serata si ricomincia con il marito, sentito questa volta alla presenza di un legale fino a notte inoltrata. Non è finora emersa alcuna indiscrezione, solo un certo ottimismo da parte degli inquirenti di essere veramente vicini alla soluzione di questa drammatica vicenda.

Enrico Silvestri – Lun, 16/06/2014

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/interni/sgozzata-casa-i-due-figlioletti-1028353.html

Ammazza moglie e figli a coltellate

Strage a Motta Visconti, Carlo Lissi crolla dopo una notte sotto torchio:

Quando ha visto che tutte le sue bugie non avevano più senso, verso le 4 del mattino Carlo Lissi è crollato: si è preso la testa fra le mani e nel silenzio gelido calato nella stanza degli interrogatori nella caserma dei carabinieri di Abbiate Grasso ha mormorato: «Voglio il massimo della pena». Poi è diventato un fiume in piena e ha raccontato in ogni dettaglio la notte dell’orrore, in cui per la malsana passione verso un’altra donna ha sterminato la sua famiglia. Sua moglie Cristina Omes, 38 anni, i suoi due bambini Giulia e Gabriele, di 5 anni e 20 mesi.

Carlo Lissi ha agito con freddezza e niente fino all’altra sera aveva fatto presagire le sue intenzioni che i carabinieri del nucleo investigativo di Milano e il procuratore di Pavia Gustavo Cioppa giudicano «premeditate».

La partita dell’Italia era infatti, data l’ora, un’occasione irripetibile per uscire di casa e crearsi un’alibi e fingere al suo ritorno la scoperta di una strage per rapina. L’altra sera, verso le 23, dopo aver sistemato i bambini a letto ed aver avuto un rapporto intimo con sua moglie, Lissi è andato in cucina, ha preso un coltello e mentre la donna stava guardando la televisione l’ha colpita alle spalle. Lei, incredula per la sua improvvisa ferocia, prima di morire gli ha chiesto: «perchè». Ma lui non le ha risposto e l’ha colpita con un pugno. Poi è salito nella stanza dei bambini. Prima ha tagliato la gola alla piccola Giulia, poi è andato nella camera matrimoniale e ha finito anche Gabriele.

Quindi verso le 23,30 è uscito dalla sua villetta in via Ungaretti a Motta Visconti ed è andato a raggiungere gli amici in un bar per vedere la partita dell’Italia. Lungo la strada ha gettato in un tombino il coltello che aveva usato per la strage. Una strage determinata dal fatto di voler eliminare la famiglia per sentirsi più libero e poter conquistare così il cuore di una collega di cui si era invaghito e che non lo corrispondeva. Un disgraziato. Avrà ciò che ha chiesto, il massimo della pena.

16 Giugno 2014

Fonte: https://www.lastampa.it/cronaca/2014/06/16/news/ammazza-moglie-e-figli-a-coltellate-1.35744844

Madre e due figli uccisi a coltellate

La tragedia a Motta Visconti, nel Milanese. Gli inquirenti: “Li hanno sgozzati”.

Potrebbe avere in tempi brevi un colpevole e un perché il triplice omicidio che ha scosso Motta Visconti (Milano), cittadina agricola tra Milano e Pavia, e che ha distrutto una famiglia intera, con una madre e i suoi due figli trovati uccisi nella loro abitazione.

Un delitto efferato, spietato, che ha creato «angoscia» perfino degli inquirenti. La donna, Cristina Omes, di 38 anni, e i due piccoli, Giulia e Gabriele, di 5 anni e di 20 mesi, sono stati sgozzati e sui loro corpi ci sono numerose altre lesioni che non fanno escludere un accanimento.

A trovarli è stato il padre, Carlo Lissi, di 31 anni, rincasando dopo la partita dell’Italia che aveva visto con altri amici, in paese. L’uomo è stato sentito dalla scorsa notte fino a questa mattina, e nei suoi confronti al momento non è stato emesso alcun provvedimento, anche se è rimasto «volontariamente» a disposizione degli investigatori che non hanno mai smesso di confrontare le sue dichiarazioni con quelle di parenti e testimoni, richiamandolo più volte in caserma. Il Procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, pur premettendo che «nessuna pista al momento è esclusa e che non ci sono indagati» ha però aggiunto che «gli accertamenti procedono a ritmi serrati» facendo intendere che nelle prossime ore potrebbero emergere piste precise se non dei fermi.

La coppia e i bambini vivevano in una villa nella zona residenziale di Motta Visconti, all’angolo tra via Di Vittorio e via Ungaretti, su un solo piano e con un grande giardino davanti, che è di proprietà della famiglia di lei, che gestisce un negozio di frutta e verdura. Cristina, in particolare, era conosciuta da tutti perché originaria del paese: «Lavorava come impiegata alle assicurazioni Sai – dice un residente – e prima del secondo figlio faceva la volontaria in Croce Rossa». Il marito, invece, un consulente informatico, lavorava a Milano.

Nella casa la scena apparsa ai soccorritori, intorno alle 2 della scorsa notte, è stata raccapricciante: sangue ovunque e i corpi della bambina nella sua cameretta, del piccolo nel letto matrimoniale e della donna, in soggiorno, martoriati. La cassaforte aperta e i contanti in essa contenuti, una cifra di non particolare entità, pare, spariti, ma senza segni di effrazioni evidenti sul forziere o sulla porta. Forse una messinscena. Al momento, però, non sembra che negli ambienti investigativi si dia molto credito all’ipotesi «esterna» cioè di una sanguinosa rapina, ma l’accanimento e l’assassinio del bimbo più piccolo, avrebbero fatto propendere i carabinieri di Milano, che conducono le indagini, verso un ambito privato.

In queste frenetiche ore si stanno ricostruendo i legami famigliari e le amicizie, sentendo i testimoni, che per tutto il giorno sono stati convocati in caserma a Motta e ad Abbiategrasso (Milano). Tra essi gli amici con cui il marito della vittima ha visto la partita dei Mondiali in televisione, la madre di lei, la cognata di lui e alcuni vicini che potrebbero aver udito delle grida. A mancare, oltre all’arma del delitto (ma si attendono alcune comparazioni su alcuni oggetti definiti «compatibili) è il movente, per trovare il quale si sta scavando nei rapporti privati della coppia, apparentemente buoni anche se alcuni testimoni invece avrebbero raccontato ai giornalisti di gravi problemi. Domani mattina, nella villa in via Ungaretti, è previsto un sopralluogo del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Parma che, sulla scena già “cristallizzata” dagli investigatori, dovrà compiere una seconda serie di più approfondite analisi.

15 Giugno 2014

Fonte: https://www.lastampa.it/cronaca/2014/06/15/news/madre-e-due-figli-uccisi-a-coltellate-1.35744325

Impiegata dell’Asl di Pavia arrestata perché “finta cieca”

Falsificava pratiche per i disabili e in cambio prendeva una parte delle pensioni che faceva elargire alle famiglie dal suo sportello

Al suo posto di lavoro era sempre puntuale, precisa ed efficiente. E soprattutto ci vedeva benissimo. Per l’Inps invece si era inventata una cecità totale che le fruttava discreti rimborsi. Poi era riuscita a istruire false pratiche pure per la madre (fatta risultare cieca anche lei), per il figlio e per una lunga serie di amici e conoscenti. Creava invalidità dal nulla, in cambio di una parte dei soldi che i finti disabili poi ricevevano. I casi accertati sarebbero 135. La truffa all’Inps si aggira sul milione e mezzo di euro.

Ancora tutto da chiarire il meccanismo ideato da un’impiegata dell’Asl di Pavia, dislocata una decina di anni fa alla azienda sanitaria dalla Prefettura pavese, per truffare l’Inps. È stata arrestata stamattina a casa sua, a Torre d’Isola, pochi chilometri di distanza dal capoluogo. Da alcuni giorni la donna, Guiduccia Massolini, 51 anni, era in malattia. Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Pavia, coordinati dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pavia, Gustavo Cioppa,andavano avanti da oltre un anno e le continue incursioni all’Asl non le erano sfuggite. Probabilmente aveva capito cosa stavano cercando. Gli accertamenti sono ancora in corso e verranno sentite almeno 400 persone, tra possibili sospettati di aver approfittato delle sue pratiche truffaldine e pubblici ufficiali che potrebbero averla agevolata. Nei confronti della dipendente, qualifica assistente amministrativo, l’accusa è di corruzione e truffa.

Pare comunque che all’Asl facesse tutto da sola. Dal 2002 lavorava al piano terra della moderna struttura in via Indipendenza, dove ci sono gli sportelli e gli ambulatori per le Fragilità e le Invalidità Civili. Guiduccia, una biondina determinata e risoluta, non era a contatto con il pubblico, sbrigava le pratiche successive. Controllava i documenti, incrociava richieste e valutazioni mediche, poi inseriva i dati per l’ok ai rimborsi e li inviava all’Inps per i pagamenti. Così deve aver capito che non sarebbe stato poi tanto difficile attribuire invalidità inesistenti a persone reali. Un genere di truffa già sperimentato in passato e che le era valsa una condanna nel 2009. Ma allora il raggiro era stato stato di minore gravità (pare avesse fatto ottenere un’indennità maggiorata alla madre), al punto che aveva continuato tranquillamente a lavorare.

Per 8 anni è rimasta dell’ufficio Invalidi, fino a quando nel novembre del 2010, Massolini si è spostata al 4/o piano, a lavorare al Bac (Badget, Acquisti e Controlli), un settore puramente amministrativo. Ma intanto aveva perfezionato un discreto numero di finte pratiche. «Un’ attività truffaldina ampiamente consolidata – hanno detto oggi gli inquirenti – I casi oggetto dell’indagine si sarebbero verificati dal 2005 al 2011 in concorso con altre persone e grazie ovviamente anche alla compiacenza di svariati cittadini ben felici di diventare oggetto di rimborsi, percepiti ingiustamente». Ovviamente Guiduccia non agiva solo per aiutare il prossimo: secondo le indagini dai finti invalidi riceveva dal 50 al 70% delle somme erogate.

13 Gennaio 2012

Fonte: https://www.lastampa.it/cronaca/2012/01/13/news/impiegata-dell-asl-di-pavia-br-arrestata-perche-finta-cieca-1.36505871

Madre e figli uccisi a Motta Visconti (Milano). L’arma del delitto non si trova

Sono ancora tutte aperte le ipotesi sulla strage avvenuta la scorsa notte a Motta Visconti (Milano), dove un uomo rincasando dopo la partita, ha trovato la moglie e i due figli uccisi. I carabinieri della compagnia di Abbiategrasso e del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano stanno sentendo il capofamiglia, i vicini e i parenti.

Al momento però non si sbilanciano su alcuna ipotesi anche se la sensazione che si avverte dopo i primi rilievi scientifici è che la possibilità di una rapina finita nel sangue sia presa un po’ meno in considerazione rispetto a una tragedia familiare, come ad esempio un omicidio-suicidio. L’efferatezza dell’esecuzione, infatti, e il fatto che sia stato ucciso anche il bambino più piccolo, incapace di testimoniare alcunché, lascia pensare che l’obiettivo di chi ha agito sia stato il nucleo familiare e che la tragedia non sia la reazione degenerata di una rapina finita male.

Nel corso del sopralluogo di investigatori e inquirenti nella villetta di via Ungaretti a Motta Visconti (Milano) non è stata trovata l’arma del delitto. Lo ha spiegato il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, precisando che al momento non ci sono elementi per ipotizzare un omicidio-suicidio.

La cassaforte è stata aperta
Dal breve incontro con il procuratore capo di Pavia all’esterno della caserma di Motta Visconti (Milano), sono emersi anche alcuni particolari sulla dinamica della strage. Una cassaforte che si trovava nella villa è stata trovata aperta e svuotata dei contanti in essa contenuti definiti “cifra di poco conto”. Ma né sul forziere né sulla porta di ingresso sono state rilevate effrazioni macroscopiche.

Il particolare della cassaforte aperta, non è detto che da solo configuri una rapina, perché non si può escludere al momento che si sia trattato di una messa in scena.

La dinamica del delitto è ancora in fase di accertamenti, ma intanto è stato confermato che l’arma del delitto non è ancora stata trovata, che la bimba di 5 anni è stata trovata nella sua stanza, il bambino nel letto matrimoniale, mentre il corpo della madre era riverso in soggiorno.

Il procuratore Cioppa non ha escluso nelle prossime ore possibili svolte nelle indagini sulla tragedia. Il magistrato ha detto che «le indagini procedono a ritmi serrati» facendo intendere che nelle prossime ore potrebbero emergere delle piste concrete.

Dopo i primi rilievi effettuati dalla sezione scientifica dei carabinieri di Milano si attende l’arrivo del Ris di Parma che effettuerà ulteriori analisi sul luogo del delitto.

Il marito ha lasciato la caserma dei carabinieri
Intanto, il marito della donna, Carlo Lissi, ha lasciato la caserma dei carabinieri di Abbiategrasso. Il professionista di 31 anni era stato lungamente sentito nel corso della notte.

L’uomo è stato sentito prima dai carabinieri e poi dal magistrato di turno che coordina le indagini ma nei suoi confronti non sono stati presi provvedimenti e in mattinata l’uomo ha lasciato la caserma. Il particolare conferma alcune indiscrezioni in ambienti investigativi secondo le quali l’ipotesi della rapina o dell’ omicidio in famiglia è ritenuta meno plausibile, al momento, rispetto a quella di un omicidio-suicidio.

15 giugno 2014

Fonte: https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-06-15/madre-e-figli-uccisi-motta-visconti-milano-marito-ha-lasciato-caserma-carbinieri–152954.shtml?uuid=ABQ5xQRB

Pavia, falsi incidenti con procurati aborti per incassare la polizza: dieci indagati

Gli incidenti sospetti segnalati dalla polizia stradale a Pavia, Chignolo Po, Miradolo Terme, Binasco e Codogno. Le persone sotto inchiesta sono romene e risiedono nelle province di Pavia e Lodi

Dieci persone, la maggior parte di nazionalità romena, sono indagate dalla Procura di Pavia con l’accusa di aver simulato falsi incidenti per frodare le assicurazioni e incassare i soldi delle polizze. Due donne, secondo quanto è emerso dalle indagini, si sarebbero anche procurate (in maniera volontaria e clandestinamente) un aborto con lo scopo dichiarato di aumentare l’indennizzo. A dare notizia dell’inchiesta è il quotidiano La Provincia pavese.

Le vicende finite al centro dell’attenzione degli inquirenti si sarebbero verificate nel Pavese (in particolare a Pavia, Chignolo Po e Miradolo Terme), ma anche a Binasco (Milano) e a Codogno (Lodi). Ad avviare i primi accertamenti, nel 2012, è stata la polizia stradale di Stradella (Pavia). L’indagine coordinata dal procuratore Gustavo Cioppa, partita inizialmente da un caso isolato, si è poi allargata coinvolgendo anche altri incidenti sospetti. Le persone indagate risiedono nelle province di Pavia e Lodi.

27 gennaio 2015

Fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2015/01/27/news/pavia-105876633/?ref=search

Pavia, estorsioni e frodi per gli appalti al San Matteo: arrestati due imprenditori milanesi

L’operazione ha portato al sequestro di 4 milioni di euro in contanti, gioielli e orologi: nel mirino un appalto che era stato aggiudicato con un ribasso di quasi il 45 per cento alla EdilMazzei srl

Si sono aggiudicati un appalto da due milioni e mezzo di euro per lavori di manutenzione ordinaria al Policlinico San Matteo di Pavia (dal giardinaggio alla falegnameria, ma anche le riparazioni quotidiane nei reparti) presentando un’offerta al ribasso, con una percentuale di abbattimento dei costi del capitolato di quasi il 45 per cento. E per rientrare dall’investimento si sono rivalsi sulle imprese subappaltatrici, che sarebbero state costrette (dietro pesanti minacce) a restituire parte dei compensi ricevuti: le tangenti, secondo l’accusa, venivano pagate dietro l’emissione di fatture false, relative ad operazioni inesistenti emesse dall’azienda vincitrice dell’appalto. Con queste accuse sono stati fermati due imprenditori milanesi, padre e figlio, sui quali pesano le ipotesi di reati come estorsione, turbativa d’asta e frode fiscale.

Giuseppe Mazzei, 57 anni, titolare e responsabile legale della EdilMazzei srl (società di Milano che ha la sua sede operativa a Pioltello), e il figlio Antonio, 25 anni, socio dell’azienda, sono stati raggiunti dall’ordine di custodia cautelare emesso dalla Procura di Pavia ed eseguito dal comando provinciale della guardia di finanza. I loro fermi sono avvenuti dopo gli ulteriori sviluppi di un’inchiesta particolarmente complessa, in corso da mesi, coordinata dal procuratore capo Gustavo Cioppa e condotta dai sostituti Mario Venditti e Mario Andrigo. L’indagine ha consentito di accertare che la EdilMazzei srl ha potuto offrire un ribasso così consistente per aggiudicarsi l’appalto al San Matteo, in quanto il titolare era certo che si sarebbe potuto poi rivalere sui subappaltatori. E sono stati proprio i titolari di una decina di piccole imprese locali, stanchi di dover subire continue minacce e di vedere compromessa la loro attività, a denunciare questi fatti agli inquirenti.

La guardia di finanza di Pavia ha sequestrato poco meno di 4 milioni di euro in contanti, oltre a gioielli e orologi per circa 100mila euro. Erano in alcune casseforti nella ditta e nell’abitazione dei fermati. Da quanto è emerso dall’indagine (che è ancora in corso e che potrebbe portare a ulteriori sviluppi), le ditte subappaltatrici avrebbero pagato le tangenti alla EdilMazzei srl con bonifici diretti a banche slovene e croate.

Successivamente alcuni corrieri si recavano in Slovenia e in Croazia per prelevare i soldi e portarli (ovviamente in nero) in Italia. “Voglio ringraziare i miei collaboratori e la guardia di finanza per come hanno condotto l’indagine – ha rimarcato il procuratore Gustavo Cioppa – Ma il mio grazie va anche agli imprenditori onesti e ai cittadini pavesi che, con le loro testimonianze, hanno permesso di portare alla luce questo sistema di malaffare”.

04 marzo 2015

Fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2015/03/04/news/pavia_estorsioni_e_frodi_per_gli_appalti_al_san_matteo_arrestati_due_imprenditori_milanesi-108730956/?ref=search

Motta Visconti, il marito: “Ho ucciso moglie e figli, poi sono andato a vedere gli Azzurri”

Dopo ore di interrogatorio è crollato: “Datemi il massimo della pena”. Il film della strage: ha fatto l’amore con lei, poi l’ha accoltellata alle spalle. La vittima urlava: “Carlo, Carlo perché mi fai questo?”

E’ una tragedia che ha lasciato sbigottiti perfino investigatori incalliti e magistrati di lungo corso quella che si è consumata sabato notte in una villa a Motta Visconti (Milano) dove un uomo, ora sottoposto a fermo, ha ucciso la moglie e i suoi due figli sgozzandoli senza pietà. Lei dopo aver fatto l’amore, i due piccoli nel sonno, in mezz’ora definita “di evidente follia ma lucida”. Un orrore che sarebbe stato abbastanza sconvolgente anche senza un ancor più raccapricciante finale: dopo la mattanza l’uomo è andato in un pub con un amico a vedere la partita dell’Italia, esultando per i gol come se niente fosse.

Cosa abbia spinto davvero Carlo Lissi, informatico di 31 anni, a commettere questa strage, a sterminare la sua famiglia, Cristina Omes, funzionaria assicuratrice di 38 anni, la figlia Giulia di cinque anni e Gabriele, il fratellino di appena 20 mesi, non è ancora del tutto chiaro. Secondo i carabinieri, che lo hanno prima sentito e poi interrogato per ore, avrebbe agito sotto la spinta di una passione morbosa per una collega, che lo respingeva facendo forse montare in lui la sensazione che la sua stessa famiglia fosse un peso, che il suo stato civile di uomo sposato si frapponesse tra lui e la felicità.

Fatto sta che l’uomo, che sulle prime aveva inscenato una sanguinosa rapina e aveva dato l’allarme al 118 rientrando a casa, intorno alle 2, alla fine è crollato nel momento in cui gli investigatori dell’Arma gli hanno contestato la sua passione per un’altra donna. Una giovane collega arrivata da pochi mesi nella multinazionale di Assago (Milano) dove lui lavorava e che a mettersi con un uomo non libero (lei che era fidanzata e appena andata a convivere) non ci pensava proprio.

Così, dopo aver creduto di essere riuscito a depistare le indagini, ed essere anche tornato a casa per cambiarsi e riposare, è stato richiamato in caserma e si è trovato sotto torchio. Mano a mano che giungevano riscontri scientifici e testimonianze la sua versione dei fatti si sgretolava. Soprattutto per aver detto di aver tentato di soccorrere la moglie e poi, di sopra, i bambini, ma nulla di quello che avrebbe toccato lungo il tragitto era sporco di sangue. Un particolare che ha fatto subito suonare un campanello d’allarme nella testa dei carabinieri. Ed era la pista giusta. Alla fine, dopo essersi preso la testa fra le mani e aver invocato per sé “il massimo della pena” Carlo Lissi “si è come lasciato andare e da quel momento è stato un fiume in piena”.

A raccontarlo sono stati, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Milano, il procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa e il comandante provinciale dei Carabinieri di Milano, Maurizio Stefanizzi. “Non c’è stato un raptus o un elemento scatenante – hanno aggiunto gli inquirenti – come una lite, o una brutta notizia: Lissi ha agito in modo lucido, nonostante il folle gesto”. E mai l’uomo aveva dato adito a violenze in famiglia o a liti particolari con i conoscenti.

Sono circa le 23 quando Carlo e la moglie, Cristina, si trovano nel soggiorno della villa. I bambini dormono di sopra. I due hanno un rapporto sessuale, poi lei si adagia su un divano, a guardare la tv, e lui si alza e va in cucina. Un gesto normale, come per bere un bicchiere d’acqua, ma quando torna impugna un lungo coltello, si porta silenziosamente alle spalle della moglie e la colpisce di punta tra la gola e le spalle. Lei scatta in avanti, barcolla, si gira, lo guarda negli occhi e gli chiede “Carlo che stai facendo… perché?”, grida “aiuto” (la sua voce verrà sentita dai vicini ma scambiata per un urlo per la partita di calcio, anche se non era ancora cominciata) ma come risposta ottiene un pugno che la fa stramazzare al suolo. Una volta a terra lui la colpisce ancora con altri tre o quattro fendenti, all’addome e alla schiena. Per la donna non c’è scampo.

A quel punto l’uomo sale al piano di sopra, dove ci sono la camera matrimoniale e le due camerette dei bambini. Prima va in quella della figlia di cinque anni, le appoggia una mano sul collo e le affonda con l’altra, di punta, tutto il coltello nella gola. La piccola morirà senza nemmeno svegliarsi. Poi va nella camera grande, dove il fratellino abitualmente viene fatto addormentare per poi essere spostato in cameretta: anche a lui, di soli 20 mesi, l’uomo fa scendere la lama profondamente, di punta, nella gola, tenendo fermo il collo, mentre dorme profondamente.

Quindi scende in cantina (è ancora in mutande), si fa una doccia, risale, si veste. Ha un appuntamento con un amico per vedere la partita dell’Italia. Come niente fosse si prepara, sale sull’auto, si ferma alcune centinaia di metri dopo, si sbarazza del coltello gettandolo in un tombino, arriva al pub dell’appuntamento, saluta l’amico e guarda la partita. Poi alle 2 torna a casa, e inscena il ritrovamento dei corpi e il panico per la strage della sua famiglia da parte di sanguinari rapinatori per svaligiare la cassaforte. Ma era tutta una bugia.

La verità è che tra le 23 e le 23.30 aveva fatto mattanza dei suoi cari. Si è lavato, è salito in auto ed è andato all’appuntamento con un amico che lo aspettava in un pub del paese, lo Zymè, come da programma. “Non tremava, non era nervoso, sorrideva e parlava di calcio, come tutti, emozionato” dirà un vecchio conoscente, sentito più volte in caserma.

Adesso, nel carcere di Pavia, accusato di triplice omicidio, non esulta più. Ha capito che l’orrore che ha scatenato lo accompagnerà per sempre. Dovrà anche spiegare se la decisione di uccidere gli sia balenata in quei maledetti momenti o se invece abbia premeditato la carneficina guardando il calendario delle partite dei Mondiali nella speranza di sfruttare quell’alibi. Ma è un particolare, questo, che non cambierà lo scenario di morte che si è lasciato alle spalle.

Simone Bianchin

16 giugno 2014

Fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2014/06/16/news/motta_visconti_madre_e_due_figli_piccoli_sgozzati_in_casa_nel_milanese_fermato_il_marito-89079772/?ref=search