Quale giustizia per i Minori?

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Minori e Giustizia penale: breve introduzione al tema

Le notizie di cronaca documentano l’aumento vertiginoso dei reati ai danni del minore. Spesso nei contesti ambientali più sicuri, ossia quelli familiari, si consumano delitti efferati ove il minore è sovente la vittima oppure il testimone oculare. Proprio per questa ragione bisogna analizzare che cosa significhi per un giovane entrare in contatto con un procedimento penale, in cui le parti – attraverso il contraddittorio – tentano di ricostruire quanto accaduto.

Quando si entra in contatto con il minore, ossia con un soggetto che per definizione ha una personalità “vulnerabile” e ancora in formazione, tutti coloro che compiono gli atti procedimentali devono tenere dei comportamenti corretti, in modo tale da evitare di influenzare i ricordi del ragazzo oppure di ledere la sua personalità mediante delle domande poste in modo erroneo o, talvolta, finanche inappropriato.

Proprio per questa ragione si può iniziare a svolgere una riflessione sul rapporto che deve intercorrere col giovane che si ritrova all’interno delle dinamiche della giustizia penale. Si tratta di un tema assai delicato, che necessita – fin d’ora – un approccio che esuli da qualsivoglia preconcetto culturale e, all’opposto, si soffermi unicamente sulla complessità della personalità ancora “in fieri” del minore.

La delicatezza degli argomenti da trattare in caso abuso o violenza sessuale emerge già in tutta la sua potenza nel caso di vittima maggiore di età, ma qualora la vittima sia un bambino o un ragazzo, la tutela del minore, del suo equilibrio, della sua stabilità emotiva deve essere prioritaria, almeno al pari della ricerca della verità.

La giovane età della presunta vittima incide indubbiamente sulla attendibilità delle sue risposte, sulla precisione del suo ricordo, sulla assenza di fenomeni di rimozione. Ma ancor più, un minore coinvolto in un processo tanto delicato, rischia di crollare sotto il “peso” delle domande. È dunque essenziale proteggerlo dall’interrogatorio, proteggerlo dal dolore che riemerge nel ricordare fatti tanto gravi, accompagnarlo  nel prendere coscienza della utilità e necessità di raccontare il fatto e rassicurarlo sulla bontà dell’obiettivo finale.

Ma, per quanto condivisibili, queste attenzioni impongono al piccolo di rivivere il trauma e, forse ancor più difficile, di raccontare ad alta voce l’abominevole esperienza vissuta.

 *L’ascolto del minore come rappresentazione teatrale*

L’ascolto del minore nell’ambito di un procedimento penale per reati in materia di violenze e abusi sessuali può essere paragonato ad una rappresentazione teatrale, in cui il ruolo di attore principale è affidato alla vittima, unica e vera protagonista sulla quale si concentra l’attenzione dei giudici, dei difensori, dei consulenti al fine di valutarne l’attendibilità.

Certo si tratta di una metafora forte, che forse vuole essere anche un po’ provocatoria, perché il tema di oggi e i quesiti che vi sono sottesi, in particolare quello relativo alla rilevanza della eziologia dell’ascolto e degli obiettivi dell’audizione del minore vittima di un abuso nell’ambito di un processo, implicano, notoriamente, il confronto con problematiche di particolare complessità, che vanno ben oltre la cornice del processo penale e richiedono l’intervento di diverse professionalità quali il Tribunale per i Minorenni, il giudice civile, il giudice tutelare e, ancora, assistenti sociali, educatori, medici, psicologi.

Questa tipologia di processi è caratterizzata quasi sempre da poche certezze e molti dubbi e che comportano per gli operatori che devono affrontarli, forze dell’ordine, giudici, avvocati, psicologi, anche un forte carico emotivo e psicologico, oltre a richiedere per la loro corretta gestione processuale e sostanziale, un’elevata e specifica professionalità.

Il mondo della giustizia in genere e, soprattutto, il processo penale, ma anche quello civile, sono caratterizzati da regole rigide, da meccanismi, tempi e procedure che se appaiono spesso incomprensibili e in alcuni casi anche frustranti per le aspettative di un adulto, possono diventare ostili e traumatiche per un bambino, la cui personalità fragile, fantasiosa, ma anche spontanea e sincera, può essere gravemente compromessa dall’esperienza con il giudice e con gli altri protagonisti del processo, soprattutto, in un contesto processuale così difficile e problematico come quello relativo all’accertamento dei reati di violenza sessuale.

Questo perché spesso agli occhi di chi assiste a un processo e, a maggior ragione, agli occhi di un minore, lo svolgimento dell’udienza sembra quasi una rappresentazione teatrale, in cui tutti i protagonisti, giudice, pubblico ministero, avvocati, imputati possono cambiare, come avviene per gli attori nella commedia dell’arte e si muovono seguendo soltanto un ‘canovaccio’ che può essere continuamente rifinito e modificato nel continuo divenire della storia per arrivare ad un finale, sempre diverso, la cui buona riuscita dipende in larghissima parte dall’esperienza e dalla professionalità apportata da ogni protagonista della rappresentazione.

Nell’ambito di questa metafora, tuttavia, la peculiarità del processo penale in cui è coinvolto un minore vittima di abuso, ma anche di altri reati, è costituita dal fatto che l’attore principale, il minore, diversamente dagli altri attori, è del tutto estraneo al palcoscenico del processo, non conosce le battute del suo ruolo, che può snodarsi compiutamente nel corso dei vari atti e delle varie scene della commedia rivelando al pubblico l’intera trama delle storia, ma può anche fermarsi molto prima del finale, estinguendosi dopo le prime battute per l’incapacità degli altri attori di capire e di modificare l’originario brogliaccio in base al racconto del protagonista.

 *L’ascolto del minore vittima di violenza sessuale in pubblica udienza*

La letteratura in materia e gli studi scientifici e psicologici ma, soprattutto, l’esperienza giudiziaria concreta, che è anche la mia esperienza personale, dimostrano concordemente che l’ascolto di un minore vittima di violenza sessuale in una pubblica udienza, seppur svolta a porte chiuse, costituisce un’esperienza altamente traumatica, che può produrre ulteriori effetti negativi e gravi danni sulla sua personalità e sul suo sviluppo psichico già gravemente compromessi dall’abuso subito. Il bambino costretto a ricordare e a riferire la sua drammatica esperienza alla presenza delle parti processuali, giudice, pubblico ministero, avvocati, soggetti per lui del tutto estranei e, soprattutto, alla presenza del presunto abusante, a volte, senza neppure la minima protezione di un paravento, nella maggior parte dei casi assume un atteggiamento negativo di difesa, se non addirittura di netto rifiuto, chiudendosi in un ostinato silenzio o trincerandosi dietro a generici «non ricordo».

In questi casi la testimonianza assume una valenza negativa anche per il processo penale, il cui obiettivo è quello di accertare l’esistenza dell’abuso ed individuarne il responsabile. Al contrario, se il minore viene ascoltato in un ambiente accogliente e rassicurante alla sola presenza del giudice e dello psicologo, che in genere ha già avuto modo di conoscerlo in precedenza e che lo ha preparato all’incontro con l’autorità giudiziaria, il bambino appare subito più sereno e collaborativo e, se interrogato con modalità corrette e con un linguaggio adeguato alla sua età, si rivela certamente più disponibile a ricordare e a raccontare.

L’accertamento del reato e l’individuazione del suo autore che costituiscono le finalità proprie del processo penale e la tutela del minore sono obiettivi certamente non in contrasto tra loro, bensì, complementari e interdipendenti.

In materia di reati sessuali, è soltanto con un rigoroso accertamento dei fatti accaduti, capace di ristabilire con certezza il ruolo di vittima e di colpevole, poi confermato da una sentenza penale di condanna, che davvero si realizza la tutela del minore, il quale da quel momento, acquisendo la consapevolezza di essere creduto e riconosciuto nel suo ruolo di vittima (e non di complice- colpevole come spesso si sente il bambino abusato), può essere aiutato a ricostruire la sua identità compromessa dai gravi reati subiti.

Non dimentichiamo infatti che l’abuso in danno di un minore, ancor prima di essere fisico, psicologico o sessuale, è caratterizzato da una situazione di abuso di posizione dominante, a cui può efficacemente contrapporsi solo un potere diverso e superiore, quale appunto quello dello Stato, nelle sue articolazioni amministrative, giudiziarie, civili e penali.

Il legislatore ben consapevole di questo, recependo le esigenze di protezione e di attenzione del minore, ha previsto la possibilità di assumere la testimonianza del minorenne vittima di violenza sessuale, quando ancora il processo si trova nella fase delle indagini preliminari e quindi nell’immediatezza delle rivelazione del presunto abuso, senza aspettare i tempi sicuramente più lunghi del dibattimento, nell’ambito di un’udienza particolare che viene svolta dal giudice per le indagini preliminari e che tecnicamente si chiama incidente probatorio.

La ratio di questa udienza ‘anticipata’ è quella di evitare al minore il trauma di audizioni ripetute consentendo, nel contempo, di non disperdere una prova così importante e di acquisirla nel contraddittorio tra accusa e difesa e con il controllo rigoroso del giudice sulle modalità della sua assunzione.

 *Conclusioni* 

Ebbene, se dunque la Giustizia è un momento essenziale della vita della società, lo è ancor di più quando coinvolga − in qualsiasi modo − un minore: un minore è il futuro della Società, e come tale va trattato con estrema attenzione; un minore è una persona in fieri, la sua personalità, il suo carattere, le sue attitudini, devono ancora formarsi e consolidarsi, e quindi merita di essere trattato con estrema cura: un intervento sbagliato delle Istituzioni può avere effetti devastanti su un essere umano ancora in pieno divenire, potendone cambiare irrimediabilmente il corso della crescita. Proprio per questo il contributo tecnico di esperti psicologi profondi conoscitori della mente e dell’anima umana, è senza dubbio fondamentale.

Dott. Gustavo Cioppa (Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia)

Fonte: https://www.ilticino.it/2023/01/05/quale-giustizia-per-i-minori/