La pena non basta: serve una seria riabilitazione del reo

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

“Credo che il carcere debba essere un luogo di rieducazione e avere, dunque, le caratteristiche delle istituzioni educative, attente a tirar fuori dallo studente ogni elemento che gli permetta di diventare più utile alla società”
(V. Andreoli)

Purtroppo sempre più spesso, i media riportano fatti di cronaca nera che per la loro modalità di esecuzione richiedono l’attivazione di un procedimento penale. Alcuni studiosi hanno messo in evidenza che nel tempo si sta diffondendo sempre più il cosiddetto “processo mediatico”, che ha origine nella valutazione del fatto da parte di un non addetto ai lavori e che si contrappone al reale processo che si svolge nell’aula di giustizia.
Questo implica, anche a causa della cultura filo-punitiva sempre più diffusa, che troppo spesso l’opinione pubblica propenda per un giudizio negativo, quasi una presunzione di colpevolezza, e per la conseguente irrogazione della pena nei confronti dell’imputato, ancor prima che vi sia stata la pronuncia della sentenza.
Il problema è legato, a ben vedere, ad una mancanza di comprensione della funzione della pena e della sua utilità nei confronti dei soggetti. Per questa ragione è opportuno soffermarsi a riflettere su cosa sia l’istituto della pena, anche in rapporto alle situazioni criminali che interessano maggiormente il nostro territorio nazionale.

Lo scopo che si persegue nell’ irrogare una pena

In questo contesto è opportuno domandarsi quale sia lo scopo che si persegue nell’ irrogare una pena e, soprattutto, “in primis”, capire che cosa sia la pena. Forse quest’ultima sembrerà una domanda banale, perché fin da quando siamo piccoli pensiamo alla pena come la conseguenza della violazione di una regola (intesa, qui, nella sua accezione più ampia). Ma, forse, per capire meglio il suo significato più profondo possiamo leggere le parole che Cesare Beccaria ha usato nella sua opera Dei Delitti e delle Pene: “Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile. Il fine non è altro che d’impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali.”
Si inizia a intravedere che cosa? Che già un illuminista come Beccaria ha lasciato quella vecchia e vetusta idea che la pena sia un castigo, a fronte di una infrazione, la retribuzione rispetto ad un male arrecato, e asserisce che la stessa deve essere intesa come un monito, volto a far sì che il reo non compia più il reato e induca gli altri a non commetterne (effetto deterrente) e, conseguentemente, anche la collettività sia preservata da ulteriori conseguenze.
Dal 1948 queste ideologie sono state sovrastate dalla funzione rieducativa della pena. I nostri Padri Costituenti, ben consci dei fenomeni sociali, hanno compreso che lo scopo principale della giustizia deve essere quello di rieducare coloro che hanno commesso reati.
Proprio il principio della funzione rieducativa ha ispirato l’introduzione nel nostro ordinamento delle misure alternative alla detenzione, le quali, abituando il condannato alla vita di relazione, dovrebbero rendere più efficace l’opera di risocializzazione.

I  problemi legati alla esecuzione della pena

Attualmente, però, non si devono sottacere i problemi legati alla esecuzione della pena; ciò sia in relazione all’aspetto della Amministrazione della Giustizia sia alle strutture preposte alla rieducazione del reo. La macchina della giustizia, così viene denominata frequentemente dalle testate giornalistiche, è particolarmente lenta, in quanto non riesce a “smaltire” celermente tutto il carico giudiziario pendente e ciò implica che si produca il cosiddetto “arretrato”. L’effetto conseguente è che i procedimenti si concludano dopo un periodo molto lungo ed è, quindi, legittimo chiedersi se la rieducazione di colui che è condannato possa essere “reale”, dopo anni dalla commissione del reato.
Problematico è, anche, il processo di esecuzione della pena. In particolare, mi riferisco, infatti, alle strutture adibite all’espiazione, troppo spesso insufficienti e, perciò, limitanti rispetto al conseguimento delle attività rieducative. Il sovraffollamento carcerario, in quest’ottica, è un fenomeno paradigmatico.
La mancanza di strutture ricettive esterne al carcere, siano esse strutture di housing, comunità o altro incide negativamente sulla possibilità di elaborare percorsi rieducativi che possano cominciare a contribuire al superamento dell’endemico, o quantomeno ciclico, sovraffollamento carcerario.
In definitiva, facendo un bilanciamento di questa breve riflessione, ritengo che sia necessaria una svolta di paradigma culturale, in modo tale che si comprenda la funzione fondamentale della comminazione della pena: la rieducazione del reo nell’ottica del suo reinserimento all’interno della società civile. È necessario, quindi, rifuggire da qualsivoglia ideologia di politica criminale che promuova delle concezioni per le quali la punizione è “fine a se stessa”. D’altronde, è la stessa comunità che ha bisogno che tutti i suoi consociati siano in grado di comprendere l’importanza delle regole, nonché di dare il proprio contributo alla società.

La capacità di non reitare le condotte illecite 

È necessario considerare, da ultimo, che il soggetto – dopo aver espiato la pena detentiva – deve essere capace di non reiterare le condotte illecite, giacché qualsiasi reato cagiona gravissimi danni sociali ed economici. Si pensi, ad esempio, alle rapine, ai furti in appartamento, alle violenze sessuali e ai tanti reati che vengono commessi nella quotidianità e che danno a ognuno una percezione di paura che si ripercuote nelle tante azioni che compiamo nella vita di tutti i giorni. Si consideri, anche, l’impossibilità di frequentare alcuni quartieri e, addirittura, le strade dei centri cittadini al di fuori di determinate fasce orarie. Quando si rientra a casa, luogo che dovrebbe considerarsi sicuro, alcuni sono costretti a barricarsi perché tante volte c’è la preoccupazione che ci sia una “mano profana” pronta e in agguato per entrare nella nostra casa, che mette a rischio non solo i nostri beni, ma – soprattutto – le nostre stesse vite.
Sarebbe auspicabile che le case non diventassero fortini, ma luoghi in cui si possa – dopo una giornata di lavoro – rilassarsi senza alcuna preoccupazione. Sarebbe auspicabile per una donna passeggiare in un giardino senza la paura di essere violentata. Sarebbe auspicabile per un giovane studente avere in mano un cellulare, o al polso un orologio, e non avere il timore di rischiare di essere rapinato o, peggio ancora, ferito. Sarebbe auspicabile poter rispondere tranquillamente a qualsiasi numero telefonico senza il pensiero di imbattersi in un truffatore. Sarebbe auspicabile salire su un autobus e non aver paura di essere derubati. Sarebbe auspicabile poter ritornare a casa da lavoro in metropolitana, anche a ora tarda, senza l’angoscia di essere aggrediti. Ecco perché oggi più che mai si sente la necessità di far sì che il processo rieducativo, a seguito della comminazione della pena, sia efficace e riesca ad incidere concretamente sulla personalità del reo. Difatti è fuor di dubbio che solamente in una comunità nella quale tutti si prodigano al rispetto del prossimo e delle regole del vivere civile si può auspicare che i singoli individui non abbiano più timore di svolgere le usuali attività che sono, in fondo, la ricchezza della vita.
Per raggiungere questo obiettivo sono certamente lodevoli le iniziative di rieducazione extra – muraria, tutte di particolare efficacia e fra esse voglio citare – in quanto ho seguito da vicino la vicenda – quella di Maria Luisa Iavarone che , dopo il ferimento del figlio Arturo da parte di una “baby – gang “ a Napoli, ha deciso attraverso un vero e proprio capovolgimento dell’angolo di visuale di costituire la associazione “Artur” per accompagnare tanti giovani in un percorso rieducativo, avente alla base delle strutture operative capaci di instillare dei sani valori, quali: la cultura, l’arte, l’insegnamento di un mestiere, nonché tanti laboratori per promuovere la via della legalità e progetti di vita che, nel rispetto delle attitudini e preferenze personali, siano incanalati nei binari della legalità e dei valori costituzionali.

Dott. Gustavo Cioppa

Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Fonte: https://www.ilticino.it/2021/11/28/la-pena-non-basta-serve-una-seria-riabilitazione-del-reo/

Il coraggio delle cicatrici

Come tutti sappiamo, esistono le “sentinelle” della Camorra: ognuno di noi, per contro, dovrebbe essere sentinella della legalità e ciò significa che quando si verificano episodi gravi, come quello di cui abbiamo parlato, non dobbiamo girarci dall’altra parte ed essere testimoni muti. Maria Luisa tiene vivo il ricordo, in modo che non si dimentichi quanto è successo ad Arturo, giacché non possiamo “abbassare la guardia”. Dobbiamo sempre rimanere attenti e consapevoli e non si può rimanere inerti dinnanzi a situazioni come quelle che sono descritte nel libro. Maria Luisa ci insegna che il muro di omertà si può e si deve rompere; solo in questo modo si potrà estirpare il male che affligge la nostra società.

Autofagia: l’umanità che inghiotte se stessa

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

C’è un fantasma che aleggia, sempre più sinistramente, sull’intera umanità: è lo stravolgimento climatico globale, che comporta non già una minaccia, bensì la reale prospettiva, tutt’altro che lontana, di una catastrofe per il genere umano. E il dramma è che l’attuale situazione è frutto di una “actio hominum”, cioè della condotta dell’umanità stessa, il cui impatto sul pianeta terra risulta sempre più pernicioso ed esiziale.
Si delinea, così, una sorta di morte per autofagía, con l’immagine di una umanità che inghiotte se stessa. Se ne fa un gran parlare, senza effettivo costrutto, giacché le misure per invertire la tendenza sono ben lontane dai deboli – talora goffi – tentativi di intervento, in atto o in potenza, fin qui presi in esame. E, dunque, la realtà effettiva di oggi assomiglia a quella del senato romano, che seguitava a discutere, mentre il nemico era alle porte: “dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”, scrive l’illustre storico con icastica espressione.
Cosa c’è, allora, di così terribile, da proiettare all’orizzonte uno scenario apocalittico? Ebbene, si è registrata, in Siberia settentrionale, una temperatura di 40 gradi, circostanza – mai accaduta – che si sarebbe definita impossibile, se non si fosse verificata. Imponenti incendi distruttivi hanno riguardato, spesso contemporaneamente, più punti di diversi continenti, dall’Europa all’America, all’Oceania. Il livello dei mari continua a salire in modo ingravescente e gli esperti avvertono che così, stanti e seguitanti le  cose, la prospettiva è quella di una erosione dalle coste tale da distruggere tutte le metropoli che si affacciano sul mare. I ghiacci ed i ghiacciai si stanno riducendo con velocità crescente, tanto da prefigurare un Polo Nord sull’acqua, posto che l’Artide, a differenza dell’Antartide, non ha una piattaforma continentale. E si potrebbe continuare nella enumerazione di fattori, che, da soli, sono in grado di avere effetti letali.
Non è, pertanto, eccessiva l’immagine di un quinto cavaliere dell’Apocalisse, ben più letale e definitivo degli altri quattro, che prefigura una catastrofe globale, un “armageddon” per l’umanità.
Giova, del resto, riflettere sul fatto che, in tutto il sistema solare, non appaiono esserci forme di vita nel senso da noi inteso. Ciò significa che la vita sul pianeta terra costituisce una assoluta eccezione, frutto di eccezionale combinazione di elementi, il cui concorso ha creato le condizioni per la vita. Così, la prosecuzione di tale stato non può che essere in funzione della persistenza e, soprattutto, dell’equilibrio – fragile – di tali innumerevoli fattori. Ebbene, l’uomo, nell’ultimo secolo, con progressione fortemente crescente, ha pesantemente – ed assai negativamente – influito su diversi di tali fattori: e ciò, in termini tali, da minacciare concretamente l’equilibrio succitato.
Per una correzione di rotta nel complesso delle attività umane a livello globale è già troppo tardi oggi? Lo era già ieri. Non ha molto senso perdersi dietro domande di genere siffatto. Certo è che la situazione è grave e che la posta in palio è, in assoluto, la più importante che mente umana possa immaginare. Se continueranno a protrarsi ciechi egoismi – e relative condotte – di popoli e nazioni, allora la sorte sarà segnata e l’autofagia dell’umanità sarà compiuta.
La crisi in atto, tuttavia, può trasformarsi in una grande opportunità: può consentire, cioè, di raggiungere l’obiettivo di salvare il pianeta e le persone dalla distruzione e, allo stesso tempo, di creare nuove risorse in grado di imprimere una spinta all’economia, innovando altresì le strutture sociali ormai incrostate d’antico. Dobbiamo reagire. Dobbiamo, in altri termini, smettere di accedere a risorse in via di esaurimento e rivolgere la nostra attenzione a energie rinnovabili, costruendo un’economia fondata su un circolo virtuoso nel quale addirittura i rifiuti possono diventare una risorsa decisiva per il benessere di tutti noi. A margine di questo, dobbiamo intuire e assecondare le grandi revisioni della società, adottando modelli anch’essi sostenibili e, inevitabilmente, più giusti.

Dott. Gustavo Cioppa,

Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Fonte: http://www.ilticino.it/2021/09/20/autofagia-lumanita-che-inghiotte-se-stessa/

Ladri di anime

“Sì, sono un ladro di pensieri | ma non un ladro d’anime, prego”11 Outlined Epitaphs – Bob Dylan

La frase del noto cantautore e premio Nobel alla letteratura, Bob Dylan, è fuor di dubbio un punto d’inizio interessante per parlare di chi siano e cosa facciano i ladri di anime. Già da una prima lettura della citazione, l’artista pone un punto fermo sulla negatività legata al ladro di anime che – come viene ben sottolineato – è un altro concetto rispetto al ladro di pensieri, che si limita unicamente a “rubare” le idee altrui.

L’obiettivo del ladro di anime è la gratificazione dei propri bisogni, nella maggior parte dei casi a spese degli altri. Apparentemente si mostra come una persona carismatica, premurosa, rispettabile, ma in verità è molto abile nel suo agire. Inizialmente finge che tutto vada molto bene, salvo poi boicottare le azioni della vittima in forma sottile e in maniera apparentemente ingenua. Trasferisce la propria negatività sulla vittima, mostra le proprie qualità apparenti e induce l’altro a credere che se le cose non vanno è solo per sua colpa.

Il ladro attribuisce agli altri delle responsabilità e i suoi problemi sono sempre più importanti di quelli della sua vittima. Qualora quest’ultima glielo faccia notare, verrà presto accusata di egoismo.

Nel tempo la vittima, senza che se ne renda conto, si troverà sempre più sola. Progressivamente e in maniera ingannevole e infida verrà allontanata dalle persone più care, poiché sono proprio loro che possono distogliere la vittima dall’influenza negativa del ladro. Quest’ultimo, proprio per appropriarsi della personalità altrui, mette in discussione i principi, i valori e la morale sui quali si poggia il “modus vivendi” della vittima, la quale – scoprendo i propri punti più deboli – sarà facilmente ricattabile.

Passando al “modus operandi”, il ladro non affronta quasi mai in via diretta le discussioni, ma tende a scansarle, in modo tale da far sembrare sempre tutto normale. A ciò si deve aggiungere che il ladro è dedito a delle pratiche non trasparenti, volte a trasporre la propria volontà nella vittima. In altre parole, la parte debole del rapporto è in una situazione di passività che la induce a far ottenere al ladro tutto ciò che vuole, senza opporre alcuna resistenza.

Come si può notare è molto difficile riuscire a liberarsi dall’invadenza del ladro, ma per non cadere continuamente nella trappola è bene capire cosa spinge (inconsciamente) a dare a queste persone tutto questo potere. Si consideri, ad esempio, il partner dominante che in genere assume un comportamento aggressivo prevalentemente verbale: tende a monopolizzare le scelte quotidiane, annichilendo l’arbitrio dell’altro. In questo modo tende a totalizzare la propria visione e non concede alcuno spazio di autonomia all’altra persona. Molto spesso, poi, il predominio sfocia in comportamenti aggressivi nei confronti degli altri, finanche con l’assunzione di comportamenti cinici e sprezzanti in relazione ai sentimenti e alle sofferenze altrui.

anime

Sono degli artisti del raggiro. Non sono individui timidi, insicuri e a corto di parole, ma hanno difficoltà a gestire il confronto diretto. Hanno quasi sempre la tendenza a arrogarsi il diritto di occupare determinate posizioni e di “possedere” le persone, esercitando un sistematico controllo su di loro.

Tendono a ritenere che le proprie opinioni siano la verità assoluta e disprezzano, il più delle volte in maniera indiretta, cioè alle spalle, le idee degli altri. Non provano rimorsi e sono indifferenti al ferire e maltrattare gli altri. Anzi, in mancanza di reazioni, provano piacere perché in tal modo è comprovata la loro predominanza rispetto alla vittima. Per raggiungere questo scopo sfruttano, raggirano e manipolano le persone, le quali ai loro occhi rappresentano quasi degli “oggetti”. Nei casi più gravi gli atteggiamenti appena descritti possono tramutarsi nella violenza fisica contro la vittima inerte.

Per liberarsi dal ladro la vittima deve accettare che è una persona, ente o struttura, per lei importante, in cui ha riposto la propria fiducia, che è stata tradita dal suo comportamento subdolo e pervasivo. In questo contesto, può certamente aiutare il confronto col ladro poiché solitamente parla in termini generalisti. La vittima che non vuole più essere tale deve tentare di indurlo a formulare delle considerazioni personalizzate.

Se abbiamo basi solide contro l’idea che ci viene proposta, dobbiamo allora esprimere ad alta voce il nostro dissenso. A livello individuale anche con un graduale abbandono del rapporto (malato). Invece a livello collettivo, utilizzando gruppi di condivisione e adottando tutti i mezzi a nostra disposizione (radio, tv, social, manifesti, et similia). In quest’ultimo caso dovremo avere un comunicatore (sportivo, cantante, politico, attore, ente benefico, etc.) con una immagine etica riconosciuta e rassicurante.

Numerosi approfondimenti di psicologia delineano il profilo del “vampiro energetico” (che tanto ricorda quello del “ladro di anime”) come colui che risucchia l’energia vitale dell’altro per poter sopravvivere.

Ora, senza addentrarsi nelle molteplici caratteristiche di tali profili psicologici, è tuttavia certo che per non cadere o restare vittima di tali vampiri, è imprescindibile rafforzare la sicurezza in se stessiperseguire i propri obiettivi – spesso contrastanti con quelli dei vampiri – ed avere fiducia nella propria forza e nella propria persona.

Si possono sconfiggere o eventualmente aiutare questi parassiti solo dando loro il buon esempio e comportandosi con sincerità e determinazione. Al limite, basta ignorarli.

Gustavo Cioppa

Dott. Gustavo Cioppa, Magistrato già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia.

Fonte: https://www.ilvaloreitaliano.it/ladri-di-anime/

Incontri ravvicinati

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Homines inter se loquentes, “Homo faber fortunae suae”.

Ripensando ad un passo delle Sententiae di Appio Claudio Cieco, mi è occorso di riflettere su una delle questioni ricorrenti della quotidianità contemporanea: il dualismo fra la realtà concreta e quella virtuale. E’ fuor di dubbio che, negli ultimi anni, gli strumenti informatici abbiano canalizzato una enorme moltitudine di interlocuzioni d’ogni genere: dibattiti, scambi di opinioni, contrapposizioni, polemiche. E’ evidente che il mezzo digitale ha fatto da moltiplicatore ed amplificatore.

E, d’altronde, comunicare per via postale o anche telefonica non regge minimamente il confronto con lo strumento telematico, che ha aperto, per così dire, vere e proprie praterie alla comunicazione globale. Il rovescio della medaglia è costituito da ciò che si presenta, ontologicamente, come “l’apparente“, ossia uno scenario che mostra l’utente non per quello che realmente è, ma per come si descrive e per come il soggetto desidera percepire l’interlocutore.

Nè va taciuto che sovente i messaggi a destinatari plurimi, proprio in quanto tali, producono una sorta di effettiva spersonalizzazione. Per quanto paradossale possa sembrare, a fronte di una sensazione di apparente socializzazione, può in concreto verificarsi un senso di solitudine, scaturente da una comunicazione fraintesa ovvero fraintendibile, in ultima analisi, fallace. In buona sostanza, incombe il pericolo di una immagine deformata della personalità, che passa attraverso messaggi effimeri, incapaci di comunicare una gioia, un dolore, più in generale, un’emozione.

In contrapposizione, l’incontro “reale” è un “quid” ineliminabile per la comunicazione e la percezione di un sentimento, di un’emozione, di un convincimento profondamente autentici, i quali derivano sempre da un confronto personalizzato, connotato da informazioni che richiedono la “praesentia” per dispiegare tutto il loro significato.

Ciò posto, è innegabile che lo sviluppo dei sistemi digitali ha portato, in pochi anni, benefici incommensurabili ed ha veramente semplificato la vita in molteplici settori, annullando totalmente le distanze a livello mondiale. E, per evocare un fenomeno globale tuttora in corso, ossia la pandemia virale, è straordinario l’ausilio apportato dal digitale nel funzionamento delle scuole, delle Università, di tutte le attività, che non impongono la presenza.

I social network e il fenomeno degli ‘influencer’

Qualche utile riflessione si può svolgere con riferimento ai social network, che permettono di interloquire con un ingente numero di soggetti e magari di “ritrovare” vecchi amici, allontanati dallo scorrere degli anni. Un beneficio, di proporzioni che si vorrebbe definire epiche, è rappresentato dalla possibilità di “navigare” sulle varie piattaforme di Internet. E qui il discorso va adeguatamente articolato. Ci troviamo di fronte ad uno strumento che “facit de nigro album“, giacché mette a disposizione di chiunque un preziosissimo contenuto di conoscenze, che permettono di migliorare la vita e di crescere culturalmente.

In siffatto contesto, peraltro, merita attenzione il fenomeno dei cosiddetti “influencer“. Si tratta di soggetti, o gruppi di soggetti, che, attraverso i “social network” comunicano con un numero indefinito di utenti, elargendo consigli sullo stile di vita, su banali comportamenti quotidiani atti a diventare, poi, più o meno, insensati esempi da seguire. Ebbene, non è disagevole notare come si corra il rischio di rinunciare a pensare e riflettere con la propria mente e di sviluppare dipendenza da un sistema che porta ad accettare passivamente e acriticamente determinati suggerimenti, quando non vere e proprie scelte di modus vivendi, “consigliate” da soggetti sconosciuti: scelte che possono essere il frutto di interessi economici, finanziari e quant’altro, con buona pace del libero arbitrio. 

Corsi scolastici per un uso consapevole del web

Senza ombra di dubbio, allora, non bisogna sottovalutare il fenomeno ed occorre porvi concreta attenzione, in particolare concentrando l’attenzione a tutela dei più giovani – utilizzatori continui e facilmente suggestionabili – e dei soggetti più deboli. E’ auspicabile che la società e soprattutto la scuola spronino a un utilizzo virtuoso dello strumento telematico. E non sarebbe fuor d’opera pensare ad una vera e propria materia di insegnamento, che facesse apprendere l’uso materialmente corretto del computer, ma anche i pericoli che si annidano in esso.

L’uomo che non possa o non sappia governare le macchine evoca scenari orwelliani assai inquietanti: l’umanità deve procedere nella sua evoluzione arricchita dall’apporto e dal sagace uso di esse.

Dott. Gustavo Cioppa,

Magistrato già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Fonte: https://www.ilvaloreitaliano.it/il-dualismo-tra-realta-concreta-e-virtuale/

Giacomo Leopardi: “E tutto partì da una finestra sull’infinito”

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

La poesia di Giacomo Leopardi è poesia della poesia: “Lacrimae rerum”    per dirla con Virgilio. Lo sguardo da poeta è sempre umido di lacrime, compassionevole, solidale, partecipe della sofferenza cosmica. Sguardo empatico: “moto fuori di sé, in tutte le cose” (Paul Valery), una cosa sola con la carne del mondo. Leggendo lo “Zibaldone dei pensieri”, in ogni frammento percepiamo la compassione nei confronti del fratello che soffre, sia che si tratti di una persona che di un animale; la compassione verso sé in quanto essere sofferente, mancante, mortale. E sempre nello Zibaldone ritroviamo l’accettazione consapevole, e perciò ragionata (Leopardi è sommo poeta e sommo filosofo), del dolore della vita che però si ribalta in “Amor fati”. A tale proposito basti rileggere i frammenti n. 259 – 260: “Hanno questo di proprio le opere di genio, che, anche quando rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia ad un’anima grande, che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento della vita o nelle più acerbe e ‘mortifere’ disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque altra cosa), servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo ; e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta”. I frammenti 259-260, pertanto, ribaltano il pensiero (erroneo, riduttivo) della critica imperante nel Novecento, che ha visto nell’opera di Leopardi nient’altro che l’esemplificazione del pessimismo. No, Leopardi non è un pessimista. Egli è, semmai, un realista. E sempre lo “Zibaldone dei pensieri” anticipa quello scrivere per frammenti che costituisce la forma letteraria del Novecento. Lo Zibaldone prefigura nella forma, nel contenuto, nel sentire un libro emblema della tonalità emotiva e del dramma del Novecento. Si tratta del “Libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa. Il frammento, anticipato, profetizzato nello Zibaldone di Giacomo Leopardi si qualificherà nel XX e nel XXI secolo – essendo tutto irrimediabilmente de- strutturato, de-flagrato, liquido – come forma privilegiata.
Nell’aeropago dei grandissimi poeti la stella di Leopardi seguita e seguiterà a splendere, come Sirio in una notte magica dall’aria sovranamente trasparente.

Dott. Gustavo Cioppa

Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Fonte: http://www.ilticino.it/2021/06/27/giacomo-leopardi-e-tutto-parti-da-una-finestra-sullinfinito/

L’eccezione non può essere la regola

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

La Fiducia (nella mitologia era una dea più vecchia di Zeus) è un sentimento dal quale nessuno può prescindere. Anche tutti quelli che di fiducia non ne hanno più nei confronti dell’altro da sé, delle istituzioni e della scienza. La fiducia è un riconoscimento dell’affidabilità dell’ ”altro” intrinseca all’interno degli ordinamenti giuridici, già dai tempi dei Romani. In quest’ottica sono certamente rappresentativi l’istituto della fiducia “cum amico” e quello della fiducia “cum creditore”. Volgendo l’attenzione sul primo istituto menzionato, si è dinanzi ad un trasferimento patrimoniale nei confronti di un terzo che, dopo aver ottenuto la proprietà “ex iure Quiritium”, si obbliga a ritrasferire la res al fiduciante. Questo istituto è la “cartina tornasole” dell’importanza che ha contraddistinto la fiducia nel mondo antico.
Il patto non detto ma implicito, nella tecnologia che governa i computer, i treni ad alta velocità, il volo degli aeroplani nelle sue fasi critiche, è imprescindibile per ciascuno di noi e ci consente di continuare a vivere secondo le necessità del nostro tempo.
A volte però succedono fatti tragici, si pensi alla caduta della funivia del Mottarone e al crollo del Ponte Morandi, dovuti – da quanto risulta allo stato degli atti – alla faciloneria di chi doveva controllare, presidiare, proteggere, decidere, agire.
Siamo in un momento patologico di una diffusa sfiducia nelle istituzioni, nella scienza.
Questo sentimento deve essere combattuto e vinto dalla consapevolezza che le istituzioni, nonostante qualche caduta e qualche inciampo (si pensi alla crisi della magistratura), ci sono e costituiscono il nostro baluardo e punto di riferimento.
Eventi tragici come la caduta della funivia del Mottarone o del ponte Morandi ancorché siano il segno di una sempre più frequente e generalizzata superficialità nel nostro paese, non devono infrangere la fiducia nelle istituzioni fondamentali della nostra Repubblica, cui al contrario dobbiamo rivolgerci per chiedere ed ottenere.
Dobbiamo tutti avere la convinzione che questi eventi, le anomalie che abbiamo visto nella gestione della cosa pubblica o nell’attività della Magistratura, sono tutti fatti patologici e che il funzionamento fisiologico è sano ed immune da storture che costituiscono – e devono costituire – fatti eccezionali.
Il nostro imperativo categorico è che mai avvenga che l’eccezione diventi la regola.

La fiducia va conquistata e meritata

La fiducia… la fiducia non è fede incondizionata.
Essa va conquistata e meritata, con duro lavoro, coerenza, fatica. È un sentimento talmente difficile da provare che per infonderla è necessario sradicare ritrosie, esperienze negative, delusioni costanti inflitte da coloro in cui riponevamo la nostra speranza.
La fiducia, inoltre, non è per sempre. Per quanto faticosamente conquistata, è connotata da una congenita precarietà che la rende incerta, instabile, fragile. La fiducia è proiettata sul futuro, ma, per raggiungerlo, deve attraversare il presente. Il che non è mai facile.
Per assurdo, tempo fa, ai tempi d’oro, le storture del sistema erano un’eccezione.
Ora forse stanno diventando la regola.
Ed è in questi momenti che dall’astratto bisogna tornare al concreto. Dagli ideali (troppo spesso ormai smarriti) bisogna tornare alla forza delle idee.
Solo con l’esempio costante, coraggioso, sincero, se necessario anticonformista, potranno “le Istituzioni” rappresentare quel punto di riferimento di cui abbiamo tutti bisogno.
È drammatico il punto di partenza… preoccupante la strada da fare… pressoché impossibile la risalita nel cuore delle persone…
Eppure siamo ancora qui, a guardarci intorno, per cercare l’uomo giusto al posto giusto, per sentirci rassicurati e “fiduciosi” che riceveremo l’esempio giusto, seguiremo la giusta guida, e con difficoltà e grandi sacrifici miglioreremo il mondo dei nostri figli.
Stiamo cercando l’eccezione, le persone eccezionali, quelle che ormai non ci aspettiamo più di incontrare…
E dobbiamo cercarle a tutti i livelli, partendo dall’alto per arrivare ad ogni settore della nostra vita.
Perché queste persone ci sono, e sono tante, e la loro eccezionalità può e deve diventare la regola.

Dott. Gustavo Cioppa

Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Fonte: http://www.ilticino.it/2021/06/01/leccezione-non-puo-essere-la-regola/

Intelligenza artificiale nelle nostre vite? “Adelante…con juicio”

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

“Technè ad libitum si”? Oppure “Technè ad libitum no”? La risposta è certo affermativa, ma non libera da plurimi problemi di vario genere. Anzitutto la tecnologia può essere usata a totale beneficio dell’uomo, ma anche in “malam partem”. È nondimeno innegabile che tutta la storia dell’umanità sia stata scandita dal progresso della tecnologia che ha fornito una complementarità straordinaria all’uomo per la sua crescita di civiltà. È fin troppo agevole richiamare dai remoti confini del tempo l’avvento dell’aratro, della ruota e così via fino ai tempi nostri. E tuttavia, in special modo nei tempi a noi più vicini, si assiste ad un fenomeno che dovrebbe far riflettere: l’utilizzo delle macchine e di tutto ciò che è tecnologia rischia di prendere il sopravvento nell’economia delle attività umane. Nessuno ardirebbe negare che tutto l’apporto che ci viene dalla tecnica sia fondamentale per lo sviluppo delle attività umane. E di secolo in secolo, fino al nostro, si potrebbe definire stupefacente quello che le scoperte scientifiche e tecniche hanno arrecato alla storia dell’umanità.
La questione che si intende portare all’attenzione e che dovrebbe essere oggetto di riflessione consiste nel fatto che, con una velocità impressionante e con ingenti risultati in tutti i settori, la tecnologia si sta approssimando al lavoro degli uomini in guisa tale da far pensare a non pochi che giungerà il momento in cui essa potrà quasi totalmente sostituire l’uomo. Orbene è pensabile razionalmente una cosa simile? Si può davvero arrivare ad un mondo in cui l’uomo sia complementare rispetto alla macchina?
Ben si intende che sarebbe una rivoluzione ben più che copernicana, sarebbe uno capovolgimento rispetto al quale l’esistenza ed il mondo subirebbero un micidiale stravolgimento.
Varrà la pena, per una ricognizione pur breve dell’argomento, pensare, a mo’ d’esempio, alla vita attuale caratterizzata dall’uso sistematico di automobili sempre più sofisticate, delle macchine che caratterizzano la domotica familiare e le apparecchiature biomediche (specie quelle salva-vita), per rendersi conto che una mancanza di tali strumenti proietterebbe l’umanità indietro di diversi secoli Si deve, dunque, concludere che il progresso ha potuto supportarci in maniera formidabile in tutte le nostre attività; ne consegue che una visione, anche soltanto parziale, negativa sarebbe fuori luogo ed insostenibile.
Bisogna prendere atto che la volontà di migliorarsi e progredire è connaturata all’uomo, che proverà sempre ad evolversi anche sulla strada della creazione di apparati tecnici sempre più funzionali. E allora quale è il problema di fondo che si pone? Il governo del progresso in capo all’uomo.
Va ribadito che l’intelligenza artificiale ha rappresentato una delle maggiori conquiste degli ultimi tempi: una tecnologia con caratteristiche peculiari fra cui la possibilità di individuare alcune scelte. La tecnologia – ovvero il robot più raffinato – può arrivare a sostituire l’uomo? È difficile ipotizzare che i settori fondamentali dell’esistenza umana non possano non rimanere nel suo esclusivo potere decisionale. Un esempio, già accennato, è il settore sanitario in cui il pur straordinario supporto delle macchine non può alfine sostituire il giudizio dell’uomo, anche, per così dire, sotto il profilo etico, che è una caratteristica peculiare dell’essere umano, con una infinità di variabili e di soluzioni.
Ad esempio, con riguardo all’esperienza lavorativa dello scrivente, capita spesso di riflettere sulla possibilità di sostituire la figura del giudice con un programma capace di dirimere le controversie. E questo non è in alcun modo possibile, perché l’uomo ha una capacità di giudizio unica ed insostituibile. In altri termini è lo spirito umano che non può essere, tout court, sostituito dalla tecnologia, costituendo un ‘quid’ non replicabile.
In definitiva il progresso – fenomeno insito all’evoluzione umana – non può essere arrestato poiché, come ci insegna la storia del movimento luddista in Inghilterra, la macchina non deve essere considerata uno strumento da distruggere; il progresso, al contrario, dovrebbe essere il mezzo per consentire a tutti di vivere in modo dignitoso. Siffatta prospettiva ha come diretto corrispettivo la condanna di qualsiasi idea che si basi sulla sostituibilità dell’uomo. Quello che ci serve è una tecnologia che supporti e migliori la nostra capacità di prendere decisioni, senza mai che la macchina decida al posto nostro.
I robot dotati di intelligenza artificiale non potranno mai avere il requisito tipico dell’essere umano: i sentimenti. In conclusione nel futuro si potranno creare macchine perfette dal punto di visto tecnologico, mai si potrà donare loro un’anima, una spiritualità che resterà peculiare ed esclusiva caratteristica dell’agire umano. Riallacciandosi all’incipit di questa serie di riflessioni si può concludere con la nota metafora manzoniana “Adelante, Pedro, si puedes”.

Dott. Gustavo Cioppa,

Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Fonte: http://www.ilticino.it/2021/05/17/intelligenza-artificiale-nelle-nostre-vite-adelante-con-juicio/

Il rispetto dell’ambiente e delle leggi passa attraverso un riciclo virtuoso dei rifiuti

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa, Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

“La spazzatura è una grande risorsa nel posto sbagliato a cui manca l’immaginazione di qualcuno perché venga riciclata a beneficio di tutti”

M.V. Hansen

Il rifiuto come risorsa è un’affermazione che forse la maggior parte delle persone percepirà come una stranezza, ma il riciclo è l’unico modo per garantire la preservazione e la duratura conservazione dell’ambiente che ci circonda. È proprio per questa ragione che con questo articolo si proverà a riflettere sulla fenomenologia criminale – e in alcuni casi finanche mafiosa – che interessa il “business” dei rifiuti. Su questo fronte si metteranno in luce le problematiche legate alla transnazionalità delle pratiche nocive di smaltimento, il danno che conseguentemente si provoca alla natura, nonché le prospettive di contrasto che, come si dirà in seguito, devono necessariamente interessare tutta la Comunità internazionale.
L’ambiente è un bene giuridico che la nostra Costituzione tutela e salvaguarda all’articolo 9, in seno ai suoi principi fondamentali. Si tratta di una norma generalissima e programmatica, in base alla quale si consacra tutto l’apparato di tutele – penalistiche e non – che riguardano la protezione delle risorse ambientali e, più in generale, di tutto l’ecosistema. In questo contesto si innesta lo smaltimento del rifiuto che ha la necessità di essere reintegrato – laddove possibile – con l’ambiente, in modo tale da non lasciare dei residui dannosi che possano successivamente avere delle ripercussioni negative sull’ambiente stesso. Le procedure industriali che permettono di attuare quanto appena detto sono assai gravose e costose; difatti proprio per questa ragione la criminalità – organizzata e non – si è interessata allo smaltimento dei rifiuti, proponendo delle pratiche di eliminazione a basso costo e ad alto rischio ambientale. A questo si aggiunga anche che le possibilità di essere condannati per i reati legati all’ambiente sono abbastanza infrequenti non solo in Italia, ma in tutta l’Unione europea, perché i vari Stati membri hanno delle legislazioni differenti, che reprimono in modo disomogeneo i detti reati.
Procedendo per gradi e cercando di avere un’idea globale del fenomeno dello smaltimento illecito, si può notare che è di particolare rilievo – anche per la sua dannosità – il traffico dei rifiuti pericolosi. Si tratta di tutti quei rifiuti – fra i quali ricordiamo le scorie nucleari – che sono particolarmente difficili da eliminare perché rappresentano un rischio concreto per la natura. In questo senso si è sviluppato un fenomeno criminale capillare ed endemico che ha interessato il nostro Paese. Basti ricordare gli atti criminali della camorra che, a fronte di cospicui guadagni, ha sotterrato ingenti quantità di rifiuti pericolosi nella cosiddetta Terra dei fuochi. Le conseguenze sono state di inaudita gravità perché è stata danneggiata la popolazione che abita nei territori circostanti. A riprova di quanto appena detto è significativa la ricerca del Progetto Veritas, coordinata dall’oncologo Antonio Giordano, che ha determinato una correlazione fra i danni ambientali e l’aumento dei casi di tumori che hanno afflitto la popolazione del casertano e del napoletano. Questa può essere considerata la cartina al tornasole dei danni che può potenzialmente causare uno smaltimento illecito, che non segue i protocolli dettati dalla legge.
Parlare, però, solamente di problematica nazionale è assai riduttivo perché ci si focalizzerebbe unicamente su una parte – forse fin troppo esigua – di un fenomeno che, come si è già detto, coinvolge la criminalità internazionale. Si è riscontrato, in quest’ottica, che stanno aumentando le associazioni criminali che si occupano di trasportare i rifiuti dai paesi europei a quelli in cui vi è una legislazione che punisce in modo lieve i reati ambientali. Si considerino, in questo senso, i paesi in via di sviluppo che non hanno delle norme che tutelano adeguatamente l’ambiente. Ma lo sguardo si può volgere anche all’interno dell’Unione europea; infatti ancora oggi non si è riusciti a costruire un sistema preventivo/repressivo adeguato ed uniforme in tutti gli Stati membri. In aggiunta si consideri che anche i Paesi con legislazioni avanzate, come ad esempio la Spagna, prevedono delle sanzioni così lievi che è difficile ravvedere il carattere afflittivo delle stesse; sempre su questo fronte, un altro esempio è la normativa francese che, a differenza di quella italiana, non conosce una fattispecie “ad hoc” per il traffico organizzato di rifiuti.
Il quadro fin qui delineato permette di avanzare alcune considerazioni. La prima è che la legislazione italiana – seppure necessiti di alcuni miglioramenti – configura svariate fattispecie legate alla protezione dell’ambiente ed in particolare al traffico illecito dei rifiuti pericolosi. La seconda considerazione è più generale e riguarda la possibilità di sfruttare le potenzialità dello smaltimento dei rifiuti come volano per l’economia. Non si deve dimenticare che l’aumento delle attività legate al riciclo dei rifiuti – con pratiche lecite – permetterebbe di poter impiegare svariati lavoratori, nonché di accedere alle nuove risorse economiche legate al “Recovery Fund” ed in particolare al cosiddetto “Green Deal”. La terza ed ultima considerazione è legata alla repressione del traffico transnazionale dei rifiuti e in special modo la necessità di uniformare le legislazioni dei Paesi, in modo tale che le organizzazioni criminali non possano usufruire di legislazioni più miti a seconda di dove smaltiscono irregolarmente il rifiuto.
In definitiva occorre prendere coscienza dell’imprescindibile realtà: l’economia deve necessariamente sottostare alle leggi della natura.
Deve sottostare, tuttavia, anche alle leggi economiche: è sufficiente, al riguardo, constatare la corrispondenza tra l’andamento del Pil e quello del ciclo dei rifiuti: ad una economia in salute, corrisponde un sistema di smaltimento legale efficace e sicuro. In periodi di crisi, invece, il ricorso a forme illegali di stoccaggio e occultamento dei residui industriali, quelli pericolosi in particolare, prende il sopravvento. In altri termini, la vera garanzia di rispetto dell’ambiente sta nella spinta anche politica ad un ciclo virtuoso che, a conti fatti, si rivela utile per l’ecosistema e anche per le popolazioni nel cui territorio vengono smaltiti i rifiuti.

Dott. Gustavo Cioppa

Magistrato, già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia

Fonte: http://www.ilticino.it/2021/04/11/il-rispetto-dellambiente-e-delle-leggi-passa-attraverso-un-riciclo-virtuoso-dei-rifiuti/

Il 98° anniversario dell’Aeronautica Militare

La riflessione del Dott. Gustavo Cioppa (già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia)

Oggi, domenica 28 marzo, l’Aeronautica Militare festeggia il 98° anniversario della propria fondazione; dal 1923 si impegna strenuamente nella difesa dei cieli e  dei confini nazionali. Lo spirito di abnegazione degli uomini e delle donne dell’Aeronautica non è mancato: dai due conflitti mondiali – basti ricordare fra tutte le operazioni della 70ma Squadriglia Caccia durante la Prima Guerra mondiale – fino all’attuale emergenza sanitaria che affligge il nostro Paese. Proprio su quest’ultimo  fronte è necessario rimarcare che l’Istituzione si sta prodigando per trasportare i vaccini  lungo la Penisola, per garantire il ritorno in Patria dei connazionali che si trovavano in condizioni precarie, nonché per costruire gli ospedali da campo e per il trasporto di personale in biocontenimento, capacità posseduta da pochissime aeronautiche.
L’Aeronautica italiana è un’eccellenza che tiene alto il prestigio dell’Italia nel mondo. Ha un ruolo determinante sia nella Difesa eurounitaria sia nel contesto dell’Alleanza Atlantica. La posizione di prestigio è stata conquistata nel corso delle missioni all’estero condotte con finalità di “peacekeeping” e di “pacebuilding”. Al di là dei doveri istituzionali, come dimenticare il corpo acrobatico delle Frecce Tricolori che, con le loro straordinarie esibizioni, costituiscono un’eccellenza per il Nostro Paese in tutto il mondo.
Lo straordinario livello tecnico dell’Aeronautica militare è stato raggiunto grazie alle donne e agli uomini che portano con fedeltà e orgoglio la divisa della Forza Armata. Sono Loro che, grazie ad un impareggiabile spirito di servizio, fanno apprezzare l’Aeronautica militare nel mondo e la rendono una magnifica ed impareggiabile realtà. Va sempre ricordato lo spirito solidaristico dei suoi appartenenti che ha permesso di rendere “flessibile” l’operato dell’Aeronautica, consentendo il celere trasporto dei vaccini per rendere operativo in tempi rapidi il piano predisposto dal governo, facendo sentire ai cittadini la vicinanza degli Uomini e delle Donne dell’Istituzione.
Emerge, a questo punto, una doverosa conclusione che porta ad affermare con certezza ed altrettanta fierezza che l’Aeronautica, dal giorno della sua fondazione ad oggi, è riuscita a onorare e attuare il proprio motto:”Virtute siderum tenus”. Il coraggio, l’abnegazione e lo spirito di servizio sono le doti che ispirano e caratterizzano gli appartenenti all’Aeronautica militare e permettono all’istituzione di volare “con valore verso le stelle” e obiettivi sempre più alti nell’interesse esclusivo dell’Italia.

Dott. Gustavo Cioppa

(già Procuratore Capo della Repubblica di Pavia e Sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia)

Fonte: http://www.ilticino.it/2021/03/28/il-98-anniversario-dellaeronautica-militare/